scrittori
Alberto Raffaelli

Dalle conseguenze dei conflitti all’avanzata dell’intelligenza artificiale: l’amministratore del gruppo Facebook “Segnalazioni Letterarie” e profondo conoscitore della realtà letteraria contemporanea Alberto Raffaelli rivela in questa lunga chiacchierata i suoi sentimenti nei confronti del mondo di oggi e ci accompagna a scoprire come gli autori contemporanei ci raccontano cosa aspettarci da quello di domani.

La nostra conversazione di oggi si concentrerà su alcuni temi di grande rilevanza mondiale. Partiamo con una domanda che tocca tutti: la crisi climatica. Cosa pensa del ruolo che gli scrittori e le altre figure culturali possano avere nell’influenzare l’opinione pubblica su questo tema?
Penso che gli scrittori abbiano un ruolo fondamentale nel dare voce ai temi più urgenti. La crisi climatica, infatti, non è solo un tema scientifico o politico, ma è anche una questione che riguarda l’emotività e la percezione delle persone. Gli scrittori hanno il potere di trasformare dati e statistiche in storie che possono sensibilizzare e motivare all’azione gli individui. Non basta parlare del cambiamento climatico come di un problema distante, serve raccontarlo attraverso vicende che mostrino l’impatto quotidiano sulla vita delle persone.

Punto di vista molto interessante. A proposito di narrazioni e di storie che toccano l’animo, viviamo in un periodo di forti tensioni geopolitiche, come la guerra in Ucraina e le sfide legate alle relazioni tra le potenze globali. Pensa che queste situazioni influenzino la letteratura contemporanea?
Assolutamente. Le guerre e le crisi geopolitiche sono temi che inevitabilmente influenzano la letteratura. Gli scrittori non possono rimanere indifferenti a ciò che accade nel mondo. La guerra in Ucraina, per esempio, ha ispirato numerosi autori, che si sono confrontati con le conseguenze devastanti del conflitto. Ma non si tratta solo di raccontare la guerra in sé, ma di riflettere su cosa succede alle persone durante e dopo un conflitto: come cambia la loro identità, come si ricostruiscono le vite. Le guerre creano disuguaglianze, spostamenti di popolazioni e drammatiche trasformazioni sociali. La letteratura può diventare una forma di testimonianza, un modo per non dimenticare ma anche per mettere in luce le questioni che spesso rimangono nascoste nei grandi titoli dei giornali.

Da uomo di cultura, lei è sicuramente consapevole della crescente disinformazione che circola, in particolare sui social media. Come pensa che questa influisca sulla società e sulla cultura globale?
La disinformazione è una delle grandi sfide della nostra era digitale. La facilità con cui le informazioni false o manipolate si diffondono è sconvolgente. La rapidità con cui le notizie viaggiano sui social media può alimentare la paura, il panico e la divisione. Questo fenomeno influisce anche sulla cultura, perché le persone iniziano a nutrirsi solo di ciò che conferma le loro credenze, creando una sorta di bolla informativa. Penso che gli scrittori, come altre figure culturali, abbiano il compito di lottare contro questo fenomeno, promuovendo il pensiero critico e il valore della verità. La letteratura e l’arte, in generale, possono aiutare le persone a riflettere più profondamente sui temi e a cercare la verità dietro le informazioni che ricevono.

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Alberto Raffaelli

Veniamo ora al fenomeno della globalizzazione. Come vede il rapporto tra globalizzazione e identità culturale, soprattutto alla luce degli eventi recenti e delle tendenze di ritorno al nazionalismo?
La globalizzazione ha indubbiamente favorito una maggiore interconnessione tra culture, ma ha anche messo in discussione molte identità culturali. Da un lato, ha permesso una diffusione senza precedenti di idee, tradizioni e valori, ma dall’altro ha spinto alcuni a temere che la loro cultura potesse essere messa in secondo piano o annientata. Il ritorno al nazionalismo, che vediamo in molte parti del mondo è, in parte, una risposta a questa paura. Le persone cercano di proteggere la propria identità culturale, ma talvolta finiscono per chiudersi, rifiutando ciò che è diverso. Personalmente credo che la soluzione non sia rifiutare la globalizzazione, ma imparare a integrarla con il rispetto e la valorizzazione delle identità locali. La sfida è trovare un equilibrio, perché la cultura è qualcosa che evolve e non può rimanere statica.

Parlando di evoluzione e cambiamento, un tema che vorrei trattare riguarda l’intelligenza artificiale. Si parla molto della sua crescente presenza nelle nostre vite. Come vede l’impatto dell’AI sul mondo della scrittura e dell’arte?
L’intelligenza artificiale è una forza potente e penso che stia già trasformando il modo in cui creiamo e consumiamo contenuti. Da una parte l’AI offre opportunità incredibili, come l’automazione di compiti ripetitivi o la possibilità di esplorare nuove forme di espressione artistica. Dall’altra, però, solleva interrogativi sulla creatività e sull’autenticità. La scrittura, in particolare, è qualcosa di profondamente umano: è il riflesso delle esperienze, delle emozioni e dei pensieri di un individuo. Quando un algoritmo inizia a produrre testi, ci si chiede: che cosa resta dell’anima umana in questo processo? Nonostante ciò, credo che l’AI non sostituirà mai completamente l’artista o lo scrittore. Piuttosto, ritengo che dovremmo considerarla come uno strumento, un compagno di lavoro che può aiutarci a esplorare nuove possibilità creative, ma che non può sostituire il cuore e la mente umana.

Vorrei ora parlare della crescente disuguaglianza economica che sta caratterizzando molti Paesi. Lei crede che la letteratura possa giocare un ruolo nel sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema e nel promuovere un cambiamento?
Sì, assolutamente. La disuguaglianza economica è una delle questioni più urgenti del nostro tempo e la letteratura ha sempre avuto il potere di illuminare le ingiustizie sociali. Scrittori come Charles Dickens o John Steinbeck, per esempio, hanno usato la loro penna per raccontare le difficoltà delle classi meno privilegiate, facendo riflettere la società sui meccanismi di sfruttamento e disuguaglianza. Oggi le storie che raccontano le vite delle persone emarginate, migranti, poveri, possono avere lo stesso impatto. La letteratura può aiutare a umanizzare le statistiche, rendendo le sofferenze e le lotte quotidiane di chi vive ai bordi della società comprensibili e reali, ispirando empatia e, in ultima analisi, il cambiamento.

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La pandemia di Covid-19 ha segnato profondamente la nostra epoca. In che modo crede che gli scrittori abbiano risposto a questa esperienza globale e quali sono gli effetti che potrebbe avere sulla letteratura del futuro?
La pandemia ha avuto un impatto devastante su molti aspetti della nostra vita, ma ha anche forzato una riflessione profonda sul modo di vivere, sulle priorità e sulla nostra relazione con la società e la natura. Molti scrittori hanno risposto a questa crisi cercando di raccontare le esperienze individuali e collettive che ne sono derivate. Alcuni hanno scritto storie di solitudine, paura e resilienza, altri hanno esplorato le dinamiche della malattia e le sue implicazioni sociali ed economiche. La pandemia ha anche messo in evidenza la fragilità dei nostri sistemi e credo che le opere future risentiranno di questo tema. La narrativa post-pandemia, a mio avviso, si concentrerà probabilmente su un desiderio di ricostruzione, di riflessione sul valore della comunità e di attenzione a un possibile futuro più equo e sostenibile.

Tornando al tema della tecnologia, c’è una crescente preoccupazione riguardo alla privacy e alla sorveglianza digitale. Crede che questi sviluppi possano influenzare il nostro modo di raccontare storie?
Senza dubbio. La questione della privacy e della sorveglianza è diventata sempre più centrale nella nostra vita quotidiana, e credo che stiamo appena iniziando a vedere come questi temi possano influenzare la narrativa. In un mondo in cui ogni nostra mossa è monitorata, ogni parola può essere registrata e ogni interazione è filtrata attraverso algoritmi, la narrativa potrebbe esplorare nuovi tipi di angoscia esistenziale. Gli scrittori potrebbero iniziare a scrivere storie che riflettono questa continua sorveglianza, le paure legate alla perdita di libertà personale e il desiderio di anonimato in un mondo iperconnesso. Inoltre, la letteratura potrebbe anche affrontare la questione di come la tecnologia cambia il nostro senso di identità e di realtà, creando scenari futuristici o distopici che mettano in luce i pericoli di una società completamente sorvegliata. La tecnologia, quindi, non solo trasforma il nostro presente, ma anche il modo in cui raccontiamo e viviamo le nostre storie.

Un punto di vista affascinante. La ringrazio molto per questa conversazione. È stato davvero stimolante riflettere su questi temi insieme a lei.
Grazie a lei. È stato un piacere condividere le mie riflessioni su questi temi così rilevanti e contemporanei. Spero che queste discussioni possano contribuire a un dialogo più profondo su come affrontiamo le sfide del nostro tempo.

ILARIA SOLAZZO

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