È uscito “Nessun segno di violenza”, il nuovo romanzo firmato da Domenico Carpagnano e pubblicato da Bertoni Editore. Il libro, un giallo dal tono profondo e realistico, è stato presentato in anteprima nazionale alla Feltrinelli di Perugia, città in cui è ambientata la vicenda e dove vive anche l’autore, di origini pugliesi.
Al centro della narrazione, il ritrovamento del cadavere di una ragazza nera, senza identità, in una villa alla periferia della città. Nessun segno di violenza, dice il medico legale, ma l’ombra di un abuso aleggia sulla scena. A indagare è ancora una volta il commissario Giorgio Anselmi, volto noto ai lettori affezionati di Carpagnano, affiancato dal fidato sovrintendente Ricci. La trama si dipana tra studenti Erasmus, spacciatori, colleghi ambigui e un produttore cinematografico che dichiara la propria estraneità ai fatti.
Come afferma lo scrittore Roberto Mistretta, “Carpagnano migliora ad ogni prova”, regalando al pubblico una narrazione “capace di coinvolgere emotivamente” e capace di trattare “le brutture dell’esistenza” con “delicatezza”. Uno stile che richiama i grandi del noir europeo, come Simenon, e che non rinuncia alla dimensione umana, arricchita da personaggi secondari indimenticabili, come il gatto Mollica o la compagna del commissario, Rosanna.
Elisabetta Fioritti, sul sito ufficiale della Bertoni, sottolinea l’umanità che pervade il racconto: “Mai come in questo romanzo avevo ritrovato una carica di umanità così intensa”, scrive. E aggiunge: “Carpagnano si astiene dal giudizio, guarda ai personaggi con compassione e determinazione, fino ad arrivare alla verità”. Un romanzo che, oltre alla tensione narrativa, offre una riflessione profonda sul dolore, la giustizia e le ombre della coscienza.
Il libro, già premiato prima della pubblicazione, conferma Carpagnano come una delle voci più interessanti del panorama giallo italiano contemporaneo. La copertina è firmata da Paola, moglie dell’autore, ulteriore tocco personale in un’opera che unisce impegno, stile e autenticità.
L’INTERVISTA
Domenico, partiamo dal titolo del tuo nuovo romanzo: “Nessun segno di violenza”. Un titolo che incuriosisce e spiazza. Cosa rappresenta per te?
Il titolo è una chiave di lettura ambigua, volutamente. Nella storia, la vittima non porta segni evidenti di aggressione, ma questo non significa che non ci sia stata violenza. Volevo che il lettore si interrogasse su cosa sia davvero la violenza e quanto possa essere sottile, invisibile, sistemica.
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Anche in questo romanzo ritroviamo il commissario Anselmi, ormai una figura familiare per i tuoi lettori. Come si è evoluto in questo libro?
Anselmi è cresciuto insieme a me. In “Nessun segno di violenza”, è più disilluso ma anche più determinato. Vive con un senso più forte del limite e della responsabilità. Mantiene però la sua umanità, il legame con il gatto Mollica e la relazione con Rosanna, che continua ad essere un’ancora affettiva e anche un punto critico.
Il romanzo è ambientato ancora una volta a Perugia. Cosa ti lega così profondamente a questa città?
Perugia è diventata casa. Non è solo un’ambientazione, ma un personaggio. Con i suoi quartieri, le sue nebbie, le sue contraddizioni. Mi offre uno scenario vivo, dove le storie possono svilupparsi in modo credibile e umano.
Hai ricevuto parole molto toccanti da critici e lettori. In particolare, Elisabetta Fioritti ha parlato di una “carica di umanità” straordinaria. Come vivi questi riconoscimenti?
Con gratitudine, sinceramente. Scrivo perché sento il bisogno di dare voce a storie che forse non hanno spazio altrove. Quando un lettore mi dice che si è emozionato, o che ha letto tutto in due giorni, è il premio più grande.
Tra i personaggi secondari, c’è un protagonista silenzioso che molti lettori adorano: il gatto Mollica. Ci racconti qualcosa di lui?
Mollica è ispirato a un gatto che ho davvero avuto. È un contrappunto affettuoso in un mondo spesso duro. Rappresenta la quotidianità, la tenerezza, ma anche quella fedeltà silenziosa che a volte solo gli animali sanno offrire.
Il libro è stato premiato ancor prima di uscire. Cosa pensi che abbia colpito così tanto?
Credo l’equilibrio tra trama e riflessione. Il giallo è un genere potente perché permette di parlare del male e della giustizia in modo diretto. E se riesci a farlo con empatia e realismo, arrivi al cuore.
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Progetti futuri? Stai già scrivendo qualcosa di nuovo?
Sì, sto lavorando a una nuova indagine di Anselmi, ma con un taglio diverso. Più intimo, forse più rischioso. Ma ogni storia chiama, e io non so dire di no.
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In un panorama letterario spesso dominato da meccanismi narrativi prevedibili, incontrare un autore come Domenico Carpagnano è come aprire una finestra su un orizzonte più profondo. “Nessun segno di violenza” non è solo un giallo ben costruito, ma una lente puntata sulla fragilità e sulle contraddizioni umane.
La scrittura di Carpagnano ha il coraggio della realtà, ma anche la delicatezza del rispetto. Non indulge nella morbosità, non cerca facili colpi di scena: accompagna invece il lettore in un’indagine che è anche interiore, fatta di domande che restano.
Il commissario Anselmi, con la sua solitudine gentile e i suoi dubbi, è lo specchio di un’umanità che non si arrende alla brutalità dei fatti, ma cerca risposte, anche quando fanno male. E in fondo, questo è ciò che dovrebbe fare ogni buona letteratura: raccontare storie che ci somigliano, ma che ci chiedono di essere migliori.
Carpagnano ci riesce con stile sobrio, compassionevole, onesto. E oggi più che mai, abbiamo bisogno di storie così. Di autori che sanno scrivere non solo per intrattenere, ma per toccare, con rispetto, il cuore delle cose.
Perché leggere “Nessun segno di violenza” di Domenico Carpagnano?
Perché non è solo un giallo. È un poliziesco, una storia che scava. “Nessun segno di violenza” ti cattura con l’intreccio, ma resta dentro per l’umanità con cui è scritto. Il commissario Anselmi, protagonista disilluso ma mai cinico, ci accompagna in un’indagine che è anche un viaggio nelle pieghe nascoste della società e delle coscienze. Tra verità scomode, silenzi colpevoli e giustizia da conquistare. Perché ha uno stile autentico.
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Carpagnano scrive con una lingua pulita, evocativa, che arriva dritta al punto. Ti fa vedere Perugia, ti fa respirare le sue strade, ti fa affezionare ai personaggi. Anche al gatto Mollica. Perché ti lascia qualcosa. Quando chiudi il libro, non lo dimentichi. Ti resta la domanda su cosa significhi davvero “giustizia”, su quanto siamo disposti a guardare in faccia il dolore, e su come – anche nel buio – possiamo restare umani. In un mercato saturo di thriller usa-e-getta, “Nessun segno di violenza” è una lettura che merita tempo, attenzione e cuore.
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Perché un libro è molto più di un regalo: è un tempo da dedicare a sé, una storia che accarezza la mente e il cuore. “Nessun segno di violenza” è il romanzo perfetto per una mamma che ama le storie vere, forti, cariche di umanità.
Con una scrittura delicata ma potente, Domenico Carpagnano accompagna il lettore in un’indagine che non è solo poliziesca, ma anche interiore. Un viaggio tra giustizia, emozioni, fragilità e speranza. Un romanzo che sa commuovere, sorprendere e far riflettere, ideale per chi ama leggere con il cuore e la mente.
Perché ogni mamma merita una storia che resti. E questo libro resta.
ILARIA SOLAZZO
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