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Piermaria Cecchini

Prima ancora che attore, regista e scrittore, Piermaria Cecchini si definisce un favolaio. E già questa parola – dolce, antica, carica di umanità – racconta molto della sua essenza. Cecchini è uno di quei rari artisti che attraversano la scena italiana con passo lieve, ma deciso, lasciando segni profondi non solo nello spettacolo, ma nell’immaginario di chi ha avuto modo di conoscerlo o semplicemente di ascoltarlo.

Nato a Roma nel 1957 e cresciuto a Viterbo, dove tutt’ora vive, ha mosso i primi passi nell’universo del teatro con la stessa passione con cui un ragazzino sogna le imprese dei suoi eroi. E infatti, al cinema, da giovanissimo, i suoi occhi si spalancavano davanti alle gesta di Maciste e Sansone. Era lì che l’incanto iniziava a sedimentare. A soli 12 anni, la sua penna comincia a disegnare poesie: parole che nel tempo troveranno anche la voce e il corpo, salendo sui palchi dei teatri italiani.

Piermaria Cecchini è una figura rara nel nostro panorama artistico: capace di muoversi con naturalezza tra teatro, cinema e televisione, ha costruito un percorso fatto di versatilità e profondità. La sua filmografia è ricca, così come la sua presenza in fiction e spettacoli teatrali. Ma il vero filo conduttore della sua carriera non è solo il talento, bensì un pensiero lucido e sensibile sull’essere umano, influenzato anche da filosofi come Nietzsche, di cui apprezza la forza evocativa e il richiamo alla trasformazione.

La fragilità, per Cecchini, non è mai debolezza. “Quando sono debole, allora sono forte”: la citazione di San Paolo che ama ripetere diventa chiave di lettura di un’esistenza artistica costruita sul coraggio di mostrarsi autentico.

Oggi divide il suo tempo tra l’insegnamento – nelle principali accademie nazionali, in sei diverse città – e la scrittura. Ha pubblicato diversi volumi, l’ultimo dei quali, Il grande sogno. Il ragazzo che sognava la televisione, è nato dall’amicizia con Gianfranco Sciscione, a cui ha voluto rendere omaggio con una narrazione che unisce realtà, sogno e visione.

Ma forse, il lato più intimo e tenero dell’artista emerge quando racconta dei suoi viaggi in auto, sempre in compagnia della sua bassotta Merci. Un rituale semplice, ma pieno di senso: due anime in movimento, in cerca di silenzio, bellezza e, naturalmente, nuove storie da raccontare.

In attesa dell’intervista, resta la sensazione di trovarsi di fronte a un uomo che ha fatto della vita una narrazione poetica. Un artista che ha saputo custodire il suo sguardo da bambino, e che continua, instancabile, a scrivere favole per adulti, con la voce di chi non ha mai smesso di credere nella forza delle parole.

Incontro Piermaria Cecchini in una luminosa mattina di giugno, mentre accarezza il dorso della sua bassotta Merci, una compagna inseparabile di sei anni con cui ama attraversare l’Italia in auto. La sua voce, calda e riflessiva, è la stessa che ha incantato platee e telespettatori per decenni. Ma dietro l’attore, il regista e l’autore c’è molto di più: un uomo che della parola ha fatto uno strumento di bellezza e verità.

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Piermaria Cecchini

L’INTERVISTA

Si definisce spesso un “favolaio”. Cosa significa per lei?
Significa che vivo per raccontare storie, come si faceva una volta attorno al fuoco. Non importa se sul palco, davanti a una telecamera o sulla pagina di un libro: ogni parola che uso è un filo che collega emozioni, memorie, sogni. Raccontare è il mio modo per essere al mondo.

Quando ha capito che avrebbe fatto questo mestiere?
Credo di averlo intuito da ragazzino, al cinema, quando vedevo sullo schermo Maciste, Sansone… quei giganti mitologici che sembravano invincibili. Mi incantavano. Poi a 12 anni ho iniziato a scrivere poesie. Ricordo ancora le prime: acerbe, ma sincere. Quelle poesie, col tempo, ho cominciato anche a recitarle a teatro. Da lì non mi sono più fermato.

La scrittura è rimasta una costante nella sua vita?
Assolutamente. Ho pubblicato diversi libri. L’ultimo è un progetto speciale, scritto con l’amico Gianfranco Sciscione: “Il grande sogno. Il ragazzo che sognava la televisione”. È la storia di chi ha creduto in qualcosa di grande, ed è riuscito a realizzarlo. Scriverlo è stato un viaggio nella memoria, nella passione e nella determinazione. Sono stato onorato che il caro Gianfranco abbia visto in me la persona giusta con cui condividerlo.

Oltre alla scena e alla scrittura, c’è anche l’insegnamento, vero?
È una delle mie più grandi gioie. Insegno arti sceniche in sei città italiane, presso accademie importanti. Ogni studente è una scoperta, una possibilità. Mi sento un seminatore: lascio semi che spero crescano in talenti sinceri. La tecnica è importante, ma senza cuore non c’è arte.

C’è una frase che la guida nella vita?
Sì. È un passaggio di San Paolo: “Quando sono debole, allora sono forte”. Ci credo profondamente. È nel momento in cui accetti la tua fragilità che scopri la tua vera forza. Mi ci riconosco totalmente.

E cosa la ispira, oggi?
Il pensiero di Nietzsche mi affascina da sempre. La sua visione tragica e lucida dell’esistenza, la spinta al superamento, al diventare ciò che si è… credo sia una grande lezione per chi fa arte.

E poi?
La filosofia in generale da Aristotele a Nietzsche. Il potere della conoscenza. Per questo amo la storia perché ci dice chi siamo oggi e come diceva Bernardo di Chartres ‘Siamo nani sulle spalle dei giganti… per vedere più lontano’. Ma solo grazie ai giganti che ci hanno preceduto.

Come vive il successo, dopo una carriera così ricca e sfaccettata?
Non penso mai al successo. Penso alla verità. Ho avuto la fortuna di lavorare in cinema, teatro e televisione, di potermi esprimere in tanti modi. La versatilità è stata la mia forza e, forse, il mio destino.

C’è un luogo dove si rifugia?
Il mio rifugio è l’abitacolo dell’auto, quando parto senza meta con Merci accanto. Viaggiamo insieme, ascoltiamo musica, ogni tanto le parlo come a un’amica. Non mi giudica mai. E in quel silenzio condiviso, ritrovo me stesso.

L’unico rischio dei sogni?
E che si avverino…

In cosa crede?
Ho sempre creduto in genio e regolatezza. Le regole non mi hanno mai reso prigioniero, ma libero di esprimermi.

*
Piermaria Cecchini lascia dietro sé una scia di parole, esperienze e insegnamenti. Favolaio sì, ma anche artigiano della scena, maestro d’anima e artista completo. Con la dolce Merci accanto, continua a raccontare la vita come solo i grandi sanno fare: con onestà, con poesia, con amore.

ILARIA SOLAZZO

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