Oggi abbiamo il piacere di ospitare un volto conosciuto dal grande pubblico ed assolutamente centrale nel panorama televisivo italiano: Massimiliano Canè, autore e curatore televisivo della Rai. Conosciuto, recentemente, in particolare per il suo straordinario lavoro nel celebre programma Techetecheté.
Canè è l’artefice di alcune delle puntate più emozionanti e curate del format. Grazie alla sua maestria nell’utilizzo del materiale d’archivio e alla capacità di raccontare, con sensibilità e originalità, la storia dello spettacolo italiano incanta tutti.
Nel corso degli anni ha firmato omaggi indimenticabili ad icone come Raffaella Carrà, Mina, Loretta Goggi, Milva, Catherine Spaak, Patty Pravo, Anna Oxa… costruendo veri e propri racconti visivi che hanno saputo restituire profondità ed umanità ai personaggi rappresentati.
INTERVISTA A MASSIMILIANO CANÈ – OMAGGIO A RAFFAELLA CARRÀ
Oggi è il compleanno di Raffaella Carrà. Cosa rappresenta per te questa data?
Il 18 giugno è molto più di una data. È un giorno che richiama alla memoria tutto ciò che Raffaella è stata: una rivoluzionaria gentile, una donna avanti di decenni. È come se in tale data, ogni anno, si riaccendesse la luce del suo sorriso, la forza dei suoi messaggi. Personalmente, è un momento di raccoglimento e di gratitudine.
Hai curato tre puntate speciali di Techetecheté (Carrambá che Carrá – Raffaella per sempre – Mitica Raffaella) – dedicate a Raffaella Carrà. Che cosa ha significato per te raccontare la sua storia attraverso le immagini d’archivio?
È stato un onore enorme, ma anche una responsabilità. Raccontare Raffaella significa entrare nel cuore del pubblico italiano. Ho cercato di mettere insieme emozione, rispetto e verità. Ho voluto mostrare una Carrà completa: la regina del varietà, ma anche la donna coraggiosa, la professionista inflessibile, l’essere umano generoso. Non era solo ‘televisione’: era cultura popolare viva.

Sappiamo che conservi alcuni oggetti personali appartenuti alla Carrà. Ce ne parli?
Sì, ho la fortuna di avere alcuni cimeli che considero dei piccoli tesori: il telefono di scena di “Pronto Raffaella” con la sua firma originale incisa sopra. Un abito di scena scintillante – perfettamente ‘alla Carrà’ di Sanremo 1983 – ed altri oggetti personali che parlano di lei in modo intimo e discreto come, ad esempio, la maglia che fu creata per lei a ‘Pronto Raffaella’ con la foto stampata del suo volto. Non sono solo ricordi: sono simboli di una carriera irripetibile.
Hai mai avuto occasione di entrare in luoghi significativi della sua vita privata?
Sì, lo scorso anno ho avuto il privilegio, anche un po’ struggente, di vedere dal vivo la sua residenza romana, che era stata messa in vendita. C’era ancora un’energia tangibile. Ogni angolo sembrava raccontare qualcosa di lei: sobrietà, eleganza, rigore. Un luogo che parlava di chi lo aveva abitato, senza ostentazioni.
Qual è, secondo te, l’eredità che Raffaella Carrà ha lasciato alle generazioni che l’hanno seguita?
Un’eredità potentissima. Raffaella ha lasciato valori profondi. I giovani la amano ancora oggi per questo. Non è nostalgia: è riconoscenza.
La sua carriera, pur straordinaria, ha avuto anche momenti difficili?
Certo. Come ogni grande artista, ha avuto anche momenti meno fortunati. Ricordo in particolare un periodo in cui una dichiarazione poco generosa di Maurizio Costanzo sembrò frenare la sua visibilità. Non fu facile. Alcuni programmi del suo ritorno televisivo, tra cui ‘Amore’ o ‘Forte, forte, forte’, non raggiunsero gli stessi ascolti degli esordi. E lei stessa, da donna molto esigente con sé, ne fu consapevole. Ma mai si è lasciata abbattere.
Eppure per te resta la donna di spettacolo per eccellenza, giusto?
Assolutamente. Per me Raffaella è ‘La Televisione’. La vera regina del varietà. Nessuno ha saputo coniugare con la sua maestria danza, canto, conduzione e carisma. Alcuni programmi non andarono bene? Sì, ma non intaccarono minimamente ciò che rappresentava per i suoi estimatori. La grandezza di Raffaella non si misura solo con lo share, ma con l’impronta che ha lasciato. E quella è incancellabile.
C’è una canzone di Raffaella che, più di tutte, secondo te racchiude la sua essenza? Perché?
Sì, direi senza esitazione “A far l’amore comincia tu”. È una canzone che ha superato il tempo, le mode, le lingue. Dietro quel ritmo travolgente c’è un messaggio fortissimo: un invito alla libertà, al prendere l’iniziativa, al non vergognarsi del proprio desiderio. Era rivoluzionaria negli anni ’70 e lo è ancora oggi. Rappresenta Raffaella perfettamente: libera, audace e mai volgare.

Quanto è stata importante, secondo te, la dimensione ‘internazionale’ di Raffaella, e quanto ha contribuito a cambiare la percezione dell’Italia all’estero?
Fondamentale. Raffaella ha fatto quello che pochissimi artisti italiani sono riusciti a fare: essere amata, tradotta, imitata… in tutto il mondo. In Spagna, in America Latina, in Grecia, in Russia… ovunque. Era la nostra ambasciatrice più popolare. Non solo ha esportato la sua arte, ma anche un’immagine positiva, elegante e moderna dell’Italia.
Nelle tue ricerche d’archivio, hai mai trovato qualcosa di sorprendente o inedito che nemmeno il pubblico conosceva?
Assolutamente sì. Via Teulada studi di “Pronto Raffaella”. In particolare, un filmato inedito di prove in studio in cui lei ballava da sola, senza pubblico, senza coreografie definitive. C’era solo lei, uno specchio e la musica. Mi ha colpito la concentrazione, la perfezione dei gesti, la fatica. Era l’anti-diva per eccellenza. Quella clip non l’abbiamo mai mandata in onda, ma per me resta uno dei momenti più intensi.
Se tu dovessi raccontare Raffaella Carrà a chi non l’ha mai vista in televisione, come la descriveresti in poche parole?
Una tempesta di talento ed umanità. Una donna capace di entrare nelle case e nei cuori senza filtri. Un’artista che ha saputo essere spettacolo, messaggio, ritmo ed intelligenza in un solo corpo. E sempre con un sorriso che parlava più di mille parole. Ho avuto la fortuna di conoscerla dal vivo e di parlare con lei: la sua bellezza interiore, la sua generosità verso tutti, è qualcosa di disarmante e raro.
Immaginando un museo o uno spazio permanente dedicato a lei, quale oggetto o immagine non dovrebbe mai mancare?
Il caschetto biondo, naturalmente. Ma anche il microfono con cui ha condotto Carràmba, il divano bianco delle sorprese, il microfono pieno di lustrini che ha segnato tutte le sue tournée estere, uno dei suoi abiti iconici, magari proprio quello che indossava a ‘Canzonissima 71’. E poi le lettere vere dei fan, perché lei era davvero amata, non solo applaudita. Io stesso ho avuto il privilegio di conservare alcuni cimeli suoi, come la cartellina personalizzata con le sue iniziali (il porta scaletta di “Ricomincio da due”) e poi una delle sfere inerenti ‘Carrambá che fortuna’ e ‘Carramba che sorpresa’. Oggetti che raccontano una vita di passione e dedizione di questa preziosa e speciale artista.
Sei stato uno dei ragazzi scelti da Raffaella per un suo programma televisivo. Che ricordo hai di quell’esperienza?
È stato uno dei momenti più belli e formativi della mia vita. Essere scelto da Raffaella significava entrare in un mondo di professionalità altissima, ma anche di calore umano. Lei sapeva far sentire ognuno speciale, con una energia contagiosa.
Come hai vissuto il passaggio di Raffaella dal varietà alla fascia pomeridiana?
All’inizio quel passaggio non le rese giustizia. Era un cambiamento rischioso, e la televisione spesso è spietata nel giudicare i cambi di registro. Per fortuna, però, Raffaella ha sempre avuto la forza di reinventarsi e mantenere la sua autenticità.
Se oggi potessi dirle qualcosa, anche solo per un istante?
Le direi: “Hai reso migliore la vita di milioni di persone. Hai insegnato che si può brillare senza ferire, che si può ballare anche nei giorni bui. Grazie, Raffaella. Non sei mai andata via, sei parte di noi”.
Una chicca esclusiva solo per noi?
Mi chiamò per un colloquio al Foro Italico per uno dei suoi programmi. Cercavano un programmista regista per ideare delle sorprese. Non fui preso, ma resta – per me – un caffè durato 30 minuti… il caffè più buono mai preso insieme a lei.
Puoi aggiungerci altro?
Sì. Ci svelò il perché della scelta dei colori bianco e rosso per l’abbigliamento indossato da noi ragazzi in uno dei suoi storici programmi. Il Bianco della purezza e il rosso della passione. Vestita di bianco per la prima puntata e con un giro di tacchi la ricordo bellissima avviarsi al centro del Teatro 5 della Dear. Della serie ‘Ho sbloccato un ricordo’.
*
In un’epoca in cui il tempo sembra correre veloce e i volti si susseguono senza lasciare traccia, Raffaella Carrà rimane un faro luminoso e stabile. La sua figura non è soltanto quella di una grande artista, ma di una donna che ha saputo incarnare valori universali: la libertà, la gioia di vivere, l’autenticità e il coraggio di essere sé stessa senza compromessi.

Attraverso le parole di Massimiliano Canè, emerge non solo il ritratto di una diva, ma quello di un’essenza umana profondamente generosa e rivoluzionaria. Un’eredità che va oltre la televisione, oltre la musica, perché parla direttamente al cuore di chi l’ha amata e continuerà ad amarla, generazione dopo generazione.
Raffaella Carrà non ha solo intrattenuto: ha educato, ha fatto sognare, ha abbattuto barriere culturali e sociali con leggerezza e grande dignità. In questo tributo, la sua figura si fa ancora più viva, testimonianza di un’Italia che sa guardare avanti senza dimenticare le radici.
Ricordarla oggi significa celebrare la bellezza della differenza, la forza dell’amore e l’importanza della memoria. Un’eredità preziosa che nessuno potrà mai cancellare.
ILARIA SOLAZZO
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