Gianluca
Gianluca Cianetti

A pochi giorni dalla sua scomparsa, il nome di Gianluca Cianetti continua a risuonare con forza nel cuore di chi ha avuto la fortuna di incontrarlo, ascoltarlo, o anche solo incrociare la sua voce, tra una poesia e un monologo. Autore, attore, regista teatrale, insegnante e poeta: un uomo intero, che ha scelto di abitare il mondo in punta di piedi, con la gentilezza di chi non vuole mai disturbare, ma riesce sempre a lasciare un segno profondo.

Nato a Foligno, tifoso appassionato del Perugia, Gianluca era molto più che un artista. Era una presenza viva, radicata nella sua terra e nella sua comunità. La parola – scritta, detta o sussurrata – era per lui un ponte, uno strumento di resistenza, un atto d’amore. Un modo per costruire bellezza dove c’era assenza, e per dare voce a chi voce non ha.

Abbiamo incontrato Linda, sua moglie, per raccontare non solo l’artista, ma soprattutto l’uomo. Perché la poesia, a volte, cammina accanto a noi in silenzio, senza clamore. E Gianluca era proprio questo: una poesia che camminava.

Buon giorno Linda, grazie per aver accettato di incontrarmi in un momento così delicato. So quanto sia difficile trovare le parole quando si perde qualcuno che è stato così centrale nella propria vita.
Grazie a te, cara Ilaria, per questo spazio. Parlare di Gianluca, anche ora che non c’è più, è un modo per tenerlo vicino. È come se potesse ancora ascoltarci.

Gianluca
Gianluca Cianetti e la moglie

Com’è stato vivere accanto a un uomo come Gianluca, così pieno di passioni e sensibilità?
Era come vivere dentro un libro che non smetteva mai di scrivere nuove pagine. Ogni giorno aveva un sapore diverso. Poteva passare da un’idea teatrale a una poesia improvvisa, oppure fermarsi ad ammirare il colore del cielo. Con lui, anche il silenzio aveva le sue sfumature.

C’è un momento, tra voi due, che porterai sempre con te?
Tantissimi, ma uno in particolare sì. Una sera d’estate, al tramonto, mi prese la mano e mi disse: “Promettimi che, se un giorno andrò via, tu continuerai a camminare anche per me”. Allora mi sembrarono solo parole poetiche. Oggi so che erano vere, necessarie.

Cosa lo ispirava di più nel suo lavoro?
La verità. Scriveva e recitava solo ciò che sentiva profondamente. Amava raccontare chi vive ai margini, chi è dimenticato. Renato Curi, per esempio, lo commuoveva da sempre. Gianluca era allo stadio quel giorno, da bambino di appena sette anni, insieme a suo padre. Ha vissuto dal vivo il momento della sua tragica morte. Quella vicenda lo ha segnato profondamente, e negli anni gli ha dedicato un monologo che ha avuto grande risonanza, perché raccontava quel dramma con l’autenticità di chi l’aveva vissuto sulla propria pelle.

Continua…
Il suo amore per il Perugia era viscerale: si era persino tatuato il logo del club, il celebre “Grifo”, su un braccio. Sull’altro, una frase poetica che era anche un suo principio guida: “Segui sempre il tuo cuore, ogni volta, in ogni cosa che fai”.

Com’era nel quotidiano, lontano dai riflettori?
Semplice. Schivo, ma mai distante. Faceva la spesa con la stessa cura con cui scriveva. Guardava una partita con il figlio di sua sorella – con cui andava spesso allo stadio – o leggeva poesie di Ungaretti ad alta voce. Ogni gesto, anche il più piccolo, era vissuto con intensità e presenza.

Gianluca
Gianluca Cianetti

Qual era il suo rapporto con il pubblico?
Profondo. Riservato, ma attento. Dopo gli spettacoli si fermava a parlare con chi voleva condividere un’emozione. Diceva: “Se uno spettatore torna a casa con una domanda in più, allora ho fatto bene il mio lavoro”.

Cosa significava per lui il teatro?
Tutto. Era il suo modo di respirare. Il teatro, per lui, non era solo recitazione: era verità, rito, ascolto. Anche una stanza vuota diventava palcoscenico, se c’era una parola vera da dire. Era la sua forma di preghiera laica.

Leggeva le sue poesie con te?
Sempre. Spesso le provava prima con me. Mi guardava negli occhi per capire se arrivavano davvero. A volte era come scriverle in due. E sì, piangevamo insieme. In silenzio, ma insieme.

Come ha vissuto l’insegnamento?
Con passione. Non lo viveva come un lavoro, ma come una missione. Sapeva ascoltare i ragazzi. Diceva: “Non importa cosa imparano a memoria, ma cosa portano dentro quando tornano a casa”. Era un educatore dell’anima.

Cosa manca più di tutto oggi, nella vostra casa?
Il suo passo lento al mattino. Il caffè preparato mentre canticchiava. Il disordine creativo sulla scrivania. Ma soprattutto, la sua presenza gentile. Adesso c’è silenzio, ma è un silenzio che parla ancora di lui.

Gianluca
Gianluca Cianetti

Cosa vorresti che le persone non dimenticassero di Gianluca?
Che era autentico. Che ha amato profondamente la sua terra, le persone, la parola. Che non ha mai tradito sé stesso per piacere agli altri. Vorrei fosse ricordato non solo come artista, ma come uomo coerente, gentile, vero. Un esempio raro.

Com’è stata la vostra storia insieme?
La nostra storia purtroppo si calcola in un tempo ridotto: quattro anni e otto mesi circa. Ma con lui ho vissuto pienamente nell’amore, intensamente, perché riusciva a regalarmi la novità in ogni giorno. L’arte ci ha uniti da subito. Gli piaceva tanto il mare, nuotare, viaggiare: con lui ho scoperto tante bellezze. Ha sempre avuto un profondo senso di protezione nei miei confronti, e io nei suoi. Finché ha potuto, è stato il mio curatore: era il mio primo lettore, e mi affidavo ai suoi consigli. Ma mi lasciava anche molto spazio per essere autonoma. Tante poesie scritte da nostri amici hanno spiccato il volo, interpretate dal calore della sua voce. E si sentirà profondamente la sua mancanza.

Linda, grazie di cuore per aver condiviso con me – e con chi leggerà – un pezzo così profondo della vostra storia. Le tue parole ci hanno accompagnato dentro un amore vissuto con intensità rara, e dentro l’anima di un artista che ha saputo lasciare un’impronta vera.
Grazie a te. Parlare di Gianluca è ancora difficile, ma è anche un modo per farlo restare, per farlo vivere ancora attraverso ciò che ha amato: la parola, il silenzio, l’ascolto…

Dimmi…
E forse, oggi più che mai, abbiamo bisogno proprio di questo. Sì. Di parole che restano. E di persone che le sanno ascoltare.

Un’eredità viva…

Gianluca Cianetti lascia un solo figlio, con il quale il rapporto non è sempre stato semplice. Lascia anche la moglie Linda, la madre Giuseppina, la sorella Silvia, i nipoti, tra cui il figlio della sorella con cui condivideva la passione per lo stadio. E lascia un popolo silenzioso: amici, studenti, colleghi, lettori. Tutti segnati da un incontro, una parola, un gesto.

Il suo teatro non finisce con il sipario. La sua voce non si spegne con il silenzio. Le sue parole restano tra noi, come tracce leggere che ci guidano. E ci resta una domanda che lui stesso ci lascia, in filigrana: “Cosa possiamo fare, oggi, per rendere il nostro tempo più umano?”

E finché quella domanda ci accompagnerà, Gianluca non sarà mai davvero andato via. E forse è proprio questo, oggi, il nostro compito. Coltivare il silenzio che parla, l’arte che cura, la parola che non consola ma risveglia. Ricordare Gianluca Cianetti non solo nel dolore della sua assenza, ma nella luce di ciò che ha donato: l’amore per la verità, per il teatro come casa comune, per la vita come atto poetico.

Gianluca
Gianluca Cianetti (in controluce) e il tramonto

Chi lo ha conosciuto sa che ogni incontro con lui lasciava qualcosa. Chi non lo ha incontrato, può ancora ascoltarlo: nei testi che ha scritto, nei ricordi di chi lo ha amato, nel timbro di quelle domande che non cercano risposte, ma creano cammini.

E così, nel tempo che verrà, Gianluca continuerà a camminare accanto a noi. In punta di piedi, ma con voce piena.

ILARIA SOLAZZO

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