Nel panorama della poesia contemporanea si affaccia con forza e delicatezza “L’essenza di un sognatore”, la prima silloge dell’autore e artista Patrizio Pelizzi, edita da 96 rue de-La-Fontaine Edizioni e pubblicata il 18 dicembre 2020. In poco più di cento pagine (per l’esattezza 102), Pelizzi dà vita a un’opera introspettiva, densa di significati, in cui parole e immagini si fondono in un linguaggio autentico, capace di toccare corde profonde.
Il libro racconta un viaggio. Ma non si tratta di uno spostamento geografico, bensì di un cammino interiore, intimo, nel quale l’autore si confronta con le proprie ombre e le proprie luci. Una valigia inizialmente vuota diventa metafora dell’anima che si apre al mondo per poi riempirsi di esperienze, verità e consapevolezze. Il percorso non è lineare, né privo di ostacoli: è un’esplorazione dell’emotività umana che si sviluppa attraverso versi essenziali ma potenti.
All’interno della silloge, particolare spazio è dedicato a sua nonna Annita, figura centrale nella vita di Patrizio. A lei è dedicata la poesia “Italia rurale”, che racconta con dolcezza e radicamento le sue origini abruzzesi. Nel 2020 Annita era ancora viva e rappresentava un faro affettivo per l’autore. Dopo la sua scomparsa, avvenuta nel gennaio 2025, Patrizio ha iniziato un nuovo progetto letterario, un romanzo/diario di bordo intitolato “La ragazza abruzzese”, forse un giorno destinato a vedere la luce.
“L’essenza di un sognatore” si presenta così come un concentrato di umanità e bellezza, in cui la sensibilità dell’autore riesce a emergere senza mai cadere nella retorica. Ogni poesia è una finestra su un momento, un ricordo, un sentimento, che invita il lettore a rallentare, a riflettere, a sentirsi parte di un sentire universale.
Con questa silloge, Pelizzi – noto anche per la sua attività nel mondo dell’arte visiva e dello spettacolo – compie un debutto letterario che colpisce per maturità e autenticità, confermando la vocazione dell’autore a raccontare il mondo attraverso una lente poetica.
Tra le poesie cui Patrizio è particolarmente legato, spiccano “Anime fragili”, che esplora il tema delle anime gemelle, e “Donna Musa”, un lirica potente contro i femminicidi. Quest’ultima è stata parte dello spettacolo da lui diretto e interpretato, “Ho guardato il male negli occhi”, andato in scena nel novembre 2019 presso il teatro TNT di Treviglio (Bergamo), insieme alla poetessa Ornella Mereghetti. Un’altra poesia significativa è “Volare”, con cui Pelizzi ha vinto il Premio Milano International il 28 novembre 2021, e infine “Gocce di vita”, che completa un quadro di grande intensità emotiva.
L’intera silloge ha ricevuto importanti riconoscimenti, tra cui il prestigioso Switzerland Literary Prize, conferito l’8 ottobre 2022 a Mendrisio, in Svizzera. “L’essenza di un sognatore” non è solo un libro: è un invito a guardarsi dentro, a non temere la profondità delle proprie emozioni e a ritrovare, nelle parole, uno spazio di verità.

L’INTERVISTA
Incontro Patrizio Pelizzi in un pomeriggio quieto, mentre il sole filtra timido dalle finestre di una libreria indipendente nel cuore di Roma. Ci stringiamo la mano, poi ci sediamo tra scaffali pieni di parole e respiri. Davanti a un caffè e a un silenzio complice, comincia la nostra chiacchierata sulla sua prima silloge poetica, “L’essenza di un sognatore”, e sul mondo interiore che l’ha generata.
Partiamo dall’inizio: come nasce “L’essenza di un sognatore”?
Questo libro nasce da un’urgenza emotiva, da una spinta che non potevo più contenere. Avevo bisogno di dare forma a tutto ciò che mi si muoveva dentro. È stato un percorso personale, quasi terapeutico: le poesie sono arrivate una dopo l’altra, come se fossero già scritte dentro di me da tempo.
Cosa rappresenta per te la poesia?
È il mio rifugio, la mia verità. È uno spazio libero dove posso essere nudo, vulnerabile, autentico. La poesia mi salva, ogni volta. Mi permette di dire ciò che a voce non riesco a pronunciare.
Nel libro si sente molto forte il tema del viaggio interiore. Quanto è importante per te guardarti dentro?
È essenziale. Viviamo spesso in superficie, bombardati da stimoli esterni. Ma io credo che solo guardandoci dentro possiamo davvero capire chi siamo. Questo libro è stato proprio un viaggio nell’anima: sono partito con una valigia vuota, l’ho riempita di esperienze, dolori, consapevolezze, e alla fine ne sono uscito più vero.
Quando hai capito che la scrittura era qualcosa di importante per te?
Credo di averlo sempre saputo. Da adolescente scrivevo per non impazzire, per sentirmi meno solo. All’inizio erano pensieri sparsi, poi ho capito che avevano un’anima, un ritmo. Scrivere mi ha tenuto in piedi nei momenti difficili, è diventata la mia ancora.
Usi spesso la poesia come sfogo emotivo?
Sì, sempre. Quando qualcosa mi turba o mi emoziona profondamente, sento subito il bisogno di scrivere. È il mio modo per dare ordine al caos, per trasformare il dolore in qualcosa di bello, in qualcosa che può parlare anche ad altri.
Nel libro c’è una presenza molto tenera e costante: tua nonna. Vuoi raccontarci cosa ha significato per te?
Lei è stata il mio mondo. Una donna straordinaria, forte, amorevole. È vissuta fino a 101 anni, con una lucidità e una dolcezza rare. Mi ha insegnato l’importanza della semplicità, del rispetto, della memoria. Il suo amore era silenzioso ma profondo. Le ho dedicato alcune delle pagine più intime del libro, in particolare la poesia “Italia rurale” che racconta le sue origini abruzzesi. Nel 2020 era ancora viva e la sua presenza mi ha sempre accompagnato. Dopo la sua scomparsa, nel gennaio 2025, ho iniziato a scrivere un romanzo/diario di bordo intitolato “La ragazza abruzzese”. Forse un giorno lo finirò, chissà.
Parli spesso anche dell’amore, quello vero. Cosa significa per te?
L’amore vero è quello che ti attraversa l’anima. Non ha bisogno di clamore, ma di presenza, sincerità, cura. È raro, sì, ma quando arriva ti cambia. Ti rende più fragile e più forte allo stesso tempo. Non è possesso, è libertà condivisa.
C’è una poesia alla quale sei particolarmente legato?
Sì, “Lettera a mia nonna”. L’ho scritta di getto, pochi giorni dopo la sua morte. È una poesia che ancora oggi mi commuove. Lì c’è tutto: il mio dolore, la mia gratitudine, e quella speranza che qualcosa di lei continui a vivere in me, nei miei gesti, nelle mie parole.
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Poi ci sono “Anime fragili”, che parla di anime gemelle; “Donna Musa”, lirica contro i femminicidi, che ho portato anche in scena con lo spettacolo “Ho guardato il male negli occhi” nel novembre 2019, presso il teatro TNT di Treviglio, insieme alla poetessa Ornella Mereghetti; “Volare”, con cui ho vinto il Premio Milano International il 28 novembre 2021; e infine “Gocce di vita”, un’altra poesia a cui tengo molto.
Cosa provi quando rileggi le tue poesie?
Dipende. A volte mi sembrano scritte da un altro me, come se le avessi solo trascritte. Altre volte mi emoziono ancora, perché rivedo quel momento esatto in cui le ho scritte, rivedo le mie lacrime o il mio sorriso. È un modo per non dimenticare chi sono stato.
Il titolo del libro è molto evocativo: ti definisci davvero un sognatore?
Assolutamente sì. Essere sognatori oggi è un atto di coraggio. Credo nella bellezza, nell’umanità, nei gesti gentili. Non significa essere ingenui, ma tenere viva una parte pura di sé, anche in mezzo al disincanto.
Hai mai pensato che le tue parole potessero aiutare qualcuno?
Lo spero. Se anche una sola persona, leggendo queste poesie, si sente capita o meno sola, allora il mio lavoro ha senso. La poesia è un ponte tra anime che, magari, non si incontreranno mai, ma che possono riconoscersi tra le righe.
Hai nuovi progetti in arrivo?
Sto continuando a scrivere. Non forzo mai i tempi: la poesia arriva quando vuole. Quando si presenta, so che è il momento giusto per accoglierla. Magari nascerà un secondo libro… o forse no. L’importante è continuare a cercare la verità, sempre.
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Ci salutiamo con un sorriso, tra gli scaffali silenziosi della libreria. Patrizio stringe forte il suo taccuino – pieno di appunti e poesie nuove – e mi dice, prima di andare via: “Scrivere non mi ha mai guarito del tutto… ma mi ha sempre fatto sentire meno solo”.
“Scrivere poesia è come respirare a occhi chiusi”.
“La poesia, per me, non è solo scrittura. È una preghiera laica. Un atto sacro, anche quando nasce dal dolore. È un luogo silenzioso dove posso mettere a nudo la mia anima, senza vergogna. Ogni verso che scrivo è un frammento del mio cuore, un ricordo che riaffiora, una domanda lanciata al cielo.
Amo la poesia perché contiene tutto ciò che reputo essenziale: la verità, quella che non si dice ad alta voce; la fede, non solo in Dio, ma anche nell’uomo, nell’amore, nella possibilità di un mondo più umano. La poesia è la mia forma di resistenza alla superficialità, alla frenesia, all’indifferenza.
Nei miei versi c’è la voce della mia infanzia, le mani rugose di mia nonna che mi accarezzavano il viso e mi insegnavano il valore delle piccole cose. C’è la Roma che mi ha cresciuto, con le sue ombre e la sua luce eterna. Ci sono le persone che ho amato, quelle che ho perso, quelle che mi hanno insegnato a restare. Ogni parola è un nodo di memoria, un modo per non dimenticare.
Oggi, in un tempo dove si corre senza sapere verso cosa, io scelgo di rallentare. Di ascoltare. Di scrivere. Perché credo ancora che la bellezza salverà il mondo, che l’empatia sia una rivoluzione possibile, e che l’amore – quello vero – sia l’unica eredità che valga davvero la pena lasciare.
Nei miei versi parlo anche del presente, delle ingiustizie, del dolore collettivo, della solitudine dilagante. Ma non scrivo per condannare. Scrivo per ricordare che possiamo essere migliori. Che dentro ogni ferita c’è un’occasione per ricostruirsi.
E sogno. Sì, sogno ancora. Sogno un mondo dove la gentilezza torni a essere un valore, dove gli artisti abbiano spazio per creare senza essere schiacciati dal rumore, dove i giovani possano cercare la bellezza senza vergognarsi della propria sensibilità.
Scrivere poesia, per me, è questo: credere che anche una sola parola – se sincera – possa cambiare qualcosa. Magari solo per un attimo. Magari solo dentro un cuore. Ma è abbastanza. È tutto”, (Patrizio Pelizzi).

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In un tempo in cui le parole spesso si consumano in fretta, Patrizio Pelizzi ci restituisce il valore del silenzio che precede ogni verso, della verità che nasce solo quando si ha il coraggio di ascoltarsi davvero. “L’essenza di un sognatore” non è semplicemente una raccolta di poesie: è un diario dell’anima, un viaggio fatto di emozioni nude, di pensieri che si agganciano alla memoria, alla fede, all’amore più autentico.
C’è qualcosa di profondamente umano nei suoi versi. Qualcosa che non si può imparare, ma solo vivere. Patrizio non scrive per stupire, scrive per essere sincero. E in un mondo che ha fame di autenticità, questa scelta vale più di mille effetti speciali.
Leggere questo libro significa prendersi un tempo per sé. Significa concedersi il lusso raro della lentezza, del sentire. Dentro ogni poesia c’è una carezza, una domanda, a volte una ferita. Ma c’è soprattutto una mano tesa, una promessa: che anche nei giorni più bui, la bellezza può salvarci.
Per questo, invito chi legge a fare un passo dentro queste pagine. A lasciarsi toccare senza difese. A portare con sé “L’essenza di un sognatore” non solo come un libro da leggere, ma come un compagno di viaggio. Perché in fondo, tutti – in qualche angolo del cuore – siamo ancora un po’ sognatori.
ILARIA SOLAZZO
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