venerdì
Gesù nell'Urna del Biangardi

Liturgicamente, il venerdì, è il secondo tempo dell’unica celebrazione in chiesa. Il triduo pasquale, come abbiamo raccontato, è giovedì, venerdì e veglia pasquale. “La celebrazione del mistero pasquale è la celebrazione del triduo pasquale”, mi spiega padre Galante. Sono le tre dimensioni dell’unica celebrazione. Infatti, noi crediamo nel crocifisso risorto. La sera del giovedì, in chiesa, non si chiude con il congedo. In silenzio, ci si dà appuntamento al secondo tempo (il venerdì). E non si inizia con i riti introduttivi, ma con un’orazione. È sostanzialmente la naturale prosecuzione del momento liturgico del giovedì.

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Processione

Il Venerdì Santo è l’unico giorno dell’anno liturgico a-liturgico, mi dice ancora don Giovanni Galante. Senza celebrazione della messa. Anche a livello di comunione, ci si comunica con le particole consacrate il giovedì. Nella messa abitualmente si consacrano. Non essendoci messa, dunque non c’è consacrazione. All’interno della chiesa avviene la solenne processione con il baldacchino, con le marce funebri. Viene accompagnato il Santissimo al luogo della reposizione (il venerdì viene riportato). Si solennizza, quindi, la presenza del Santissimo. L’Urna di Francesco Biangardi, poi, è oggetto di devozione. Crea un collegamento con ciò che avverrà al Calvario e poi durante la via Crucis – veramente toccante – che partirà da via Roma. Si tratta di un momento di pietà popolare, una devozione nei confronti del Cristo morto.

Dopo la Scinnenza, portatori e portatrici dell’associazione Addolorata portano appunto l’Urna del Biangardi, a spalla (gli uomini), e le tre statue le donne. Si registra una presenza massiccia di gente. C’è un popolo che prega. Il clero al gran completo indossa i paramenti quaresimali. Ordinatamente e silenziosamente, il corteo giunge in piazza dove abitualmente viene suonata la mitica marcia funebre 72 del maestro Angelo Rizzo. Il percorso delle processioni, termina presso la chiesa Madre. Il simulacro è scortato da due schiere di uomini, vestiti di scuro, con il simbolo dell’associazione al collo. Dietro, le statue dei tre santi che vengono portate dalle donne, anche loro vestite di nero. Una settimana esaltante, al servizio del Signore. La processione entra solennemente in chiesa, dove vi sono le dodici croci alle pareti che rappresentano i discepoli. 

Tra i riti più affascinanti e sentiti, c’è questa ennesima “annacata”. In passato molto enfatizzata, oggi ridimensionata e migliorata (“dove c’è un significato e un senso – ribadisce al nostro microfono padre Galante – bisogna perfezionare”). Si tratta di un momento molto bello della nostra tradizione. Emotivamente forte. Fanno da colonna sonora le marce funebri suonate dalla banda musicale. È un popolo che partecipa al Venerdì Santo. È la celebrazione della croce. Si manifesta chiaramente la devozione a Gesù. È il cuore della fede cristiana. Del Dio che muore per poter aiutare noi a risorgere.

La veglia pasquale arriva il sabato sera (sovente alle ore 23, qualche volta è stata anticipata di qualche ora). È dunque la solenne messa prima della celebrazione della resurrezione. Vi sono letture particolari. È un momento di ascolto della Parola. Tramite i testi biblici si rievoca la storia della salvezza. È il preconio pasquale, che è l’annuncio della Pasqua. Vi sono piccoli segni, minuscoli gesti ma di notevole valore. C’è il trionfo della luce sulle tenebre. Davanti alla porta della chiesa, avviene l’accensione del fuoco nuovo. La luce del cero pasquale entra lentamente, gradualmente, progressivamente mentre l’assemblea è al buio.

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Gesù deposto nell’Urna

Le candele dei fedeli, illuminano. È la luce della fede. I canti, durante la messa, sono preghiera. I salmi commentano e invitano alla preghiera. Prima della celebrazione eucaristica, c’è il momento battesimale. “Il battesimo è la nostra Pasqua personale”, asserisce l’arciprete. Per la Domenica di Pasqua, purtroppo, Serradifalco è carente e lacunoso, a livello di manifestazioni culturali. Cosa si potrebbe fare per completare questo mosaico articolato e bello?, chiedo. “Dobbiamo inventarci qualcosa di esterno, di pubblico”, mi risponde. 

In passato, a mezzogiorno del sabato, vigilia della Pasqua, si scioglievano le campane, ci racconta una fonte qualificata anonima. Un segno di gioia per il Cristo Risorto. I ragazzi con dei bastoni, battevano con vigore le porte delle case e le ante degli armadi. Gridavano: “Nesci diavuli, ca trasi Gesù”. Anche dal punto di vista gastronomico, questo periodo è peculiare: l’agnello che viene cucinato secondo le proprie tradizioni, la colomba pasquale, li cannilera… Si mangiavano li cannilera, dolci a forma di cuore, borsetta, panierino, colomba, porcospino, che conteneva uno o due uova sode (le odierne uova di cioccolata). Mi piacerebbe che nel giorno di Pasqua, uscisse fuori la statua di Gesù Risorto che incontra la Madonna. Partiamo da questo e poi il resto verrà. Buona Pasqua a tutti.

MICHELE BRUCCHERI

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