“Ho piantato un Albero”
Marco Gesualdi (foto di Toty Ruggieri)

Ascolto con la cuffia “Ho piantato un Albero”, il nuovo cd di Marco Gesualdi. Sonorità delicate, musica morbida e carezzevole. Le voci sono avvolgenti, l’atmosfera sognante. Confesso che questo nuovo album dell’artista napoletano è veramente una carezza all’anima.

Sfoglio il libretto interno dove sono contenuti i testi. E tante fotografie a colori. Sono scatti che “parlano” del loro lavoro, paziente e certosino. Ma anche della loro complicità, solarità, allegria. Sono bravi musicisti, sono “artigiani” della meraviglia. Un disco bello che “canta” la bellezza della vita.

Quando ho ricevuto “Ho piantato un Albero” di Marco Gesualdi ho provato una grande gioia. Quattro anni addietro avevo assaporato la delizia dei suoni di un suo precedente lavoro discografico. Diplomato in Composizione Multimediale presso il Conservatorio di Napoli, vanta una lunga e pregevole carriera artistica. E questa nuova fatica musicale l’ha dedicata ad una persona a lui cara: Lucio Lo Gatto.

La Voce del Nisseno (versione online) è felice di ospitare questo grande artista e il suo prezioso progetto discografico. In questa intervista si dona generosamente. Racconta sé stesso e dà “voce” alle sue importanti collaborazioni, alle sue prestigiose conoscenze avute nel tempo grazie alla Musica.

Da poche settimane si registra il tuo nuovo ritorno discografico. Ci presenti, brevemente, l’album “Ho piantato un Albero”?

Ciao Michele, finalmente esce questo nuovo cd, il terzo in collaborazione con Claudio Poggi e la sua etichetta “Marechiaro”, distribuito da Egea Music. Contiene undici brani di cui nove canzoni e tre strumentali. Questo lavoro, racconta un po’ di storie, e stati d’animo ed io, da un po’, forse per i tempi complessi che stiamo vivendo, sono proteso verso la ricerca dell’essenza. Questo è il sentimento che si respira in queste canzoni.

“Ho piantato un Albero”
La copertina

Undici tracce e il filo conduttore è il tuo essere “giardiniere dell’Anima”. Ci spieghi meglio questo concetto?

Il giardiniere dell’anima è colui che coltiva il proprio spirito, quello che io chiamo “ecosistema interiore”. La voglia di fare un album con questa idea, mi è venuta quando il mondo si è fermato, un momento assai particolare e unico che, aldilà della drammaticità del momento, ha dato a tutti una grande possibilità: guardarsi dentro, guardare fuori, e provare a collocarsi attraverso scelte sane, ma, soprattutto “vere”.

L’album – veramente bello sia nella copertina, sia nel contenuto grafico interno con i testi e le foto – vanta importanti collaborazioni. Ce ne parli?

La copertina è di Ester Santamaria, che con un disegno semplice e immediato, ha ben saputo esprimere lo spirito del lavoro. Il sound e gli arrangiamenti sono nati intorno al nucleo che mi segue anche dal vivo: Enrico del Gaudio alla batteria, Giosi Cincotti al piano e Guido Russo al basso. Ogni canzone ha degli ospiti che con la loro presenza e personalità, hanno contribuito a far crescere il lavoro. Alle voci ci sono Simona Boo, Rossella Rizzarò, Eleonora Gesualdi (mia figlia), Maria Pia De Vito, Marcello Coleman, Maurizio Capone, che in un brano ha suonato anche le percussioni da lui inventate, e io che canto in due brani oltre a suonare le chitarre e il Sitar…

Vai avanti, Marco.

Potete ascoltare nei vari brani le percussioni di Francesco Paolo Manna e Roberthino Bastos, il flauto di Francesca Iavarone, il flicorno di Gianfranco Campagnoli, il sax di Riccardo Veno e Paolo Licastro, le chitarre di Gianni Guarracino e Enzo Caponetto, il violino e la lira pontiaca di Michele Signore, e poi Roberto Giangrande, Lello Petrarca, Carmine Brachi e Carlo Di Gennaro, che ha curato anche i mix. Con i testi ho collaborato con Carlo Procope, Alessandro Pacella e Maria Totaro. Con ognuno di loro ho una piccola-grande storia da raccontare, di vita e Musica vissuta; è stato bello incontrarli e condividere questo lavoro.

Questo cd “Ho piantato un Albero” è dedicato a Lucio Lo Gatto. È così?

Lucio è stato per me un fratello e Maestro allo stesso tempo, era una persona eccezionale e Musicista straordinario, venuto a mancare prematuramente l’estate scorsa. Ci conoscevamo da sempre, abbiamo cominciato a suonare e siamo praticamente cresciuti insieme, mi manca molto.

Dopo la pandemia e alle porte ormai dell’estate, hai in programma dei concerti?

Per fortuna si è ripreso a suonare normalmente, ma già dall’anno scorso. Questo nuovo disco sta avendo un buon riscontro, e già mi hanno contattato per alcuni festival. Sicuramente faremo dei concerti in Campania, Lucania, e in Puglia. Date e luoghi li comunicherò a breve sui social.

“Ho piantato un Albero”
Marco Gesualdi (foto di Fabrizio Fucile)

Il tuo ultimo lavoro discografico risale a quattro anni addietro: “NOW Naples Open Words”. Come è andato il progetto?

È stato bello realizzare Now, mi sono molto divertito durante le registrazioni. Ho provato a raccontare le stratificazioni culturali e genetiche che respiriamo a Napoli, coinvolgendo più di quaranta Musicisti. Avevo da poco conosciuto Simona Boo, e per lei scrissi, Je Suis la mer, un brano che ha avuto parecchi streaming, e poi Violao, cantata da Rossella Rizzaro, che parla del mio rapporto con la chitarra, ma voglio ricordare anche “Bella Figliola” una “villanella” in stile moderno, che ho scritto su un testo anonimo del 500. Il disco è andato bene e abbiamo fatto parecchi concerti, poi il mondo si è fermato, e in quel momento, ho cominciato a progettare il disco dell’Albero…

Tu vanti una lunga e prestigiosa carriera. Facevi parte della band 666 con la quale hai esordito. Come ricordi quel periodo?

Eravamo ragazzi, e abbiamo fatto un sacco di cose, siamo stati a San Remo Rock, a Doc la trasmissione di Renzo Arbore, da Maurizio Costanzo… Ho conosciuto e frequentato Pino Daniele, nei suoi studi a Formia, e suonato in lungo e in largo per tutta la penisola, spesso con i De Novo e gli Avion Travel, ricordo un concerto, nel Teatro Greco di Siracusa un luogo magico. Forse il più bel posto dove ho suonato.

Hai già inciso da solista, con questo nuovo lavoro, tre dischi. Qual è il brano che più ti piace, che più ti commuove?

In realtà come solista ho esordito con un EP “Lottatore” uscito nel 2001 per la Polo Sud. Mi chiedi qual è il brano che più mi piace… non so risponderti. Sono tutti figli, e ognuno ha un suo carattere e personalità, e qualcuno che è nato apparentemente più debole, e cresciuto e rinforzato suonandolo dal vivo. A volte mi stupisco io stesso dei brani che vengono fuori. La composizione, è sempre un momento magico, che ha qualcosa di misterioso, quando si apre la porta della “Miniera Emozionale” si mette in moto un rituale creativo, è quasi un gioco innocente, mi piace molto percorrere questi momenti.

Tra i diversi colleghi e/o collaboratori, c’è un nome al quale sei legato per maggiore gratitudine?

Ci sono diverse persone a cui devo molto, e parecchi di loro li ritrovi nei brani del disco. Per esempio, è stato bello registrare un brano con Gianni Guarracino, bravissimo chitarrista napoletano. Gianni è stato il mio maestro di chitarra quando ero ragazzo, e mi portava spesso negli studi di registrazione dove lui lavorava. Io mi mettevo in un angolo e osservavo. Mi ha fatto conoscere delle dinamiche del mondo della Musica da una finestra senza filtri.

Hai origini pugliesi, se non ricordo male: è vero?

Sì, mio padre era di un paese del sub appennino “Dauno” in provincia di Foggia, “Bovino”; io sono nato a Napoli, ma sento molto questa appartenenza Pugliese, ci vado spesso e ho molti amici anche nel settore, la Puglia è la mia seconda casa.

Parlami della tua formazione artistica: va bene?

Ho cominciato a lavorare con la Musica da giovane. Appena finito il liceo già facevo le prime serate, mi piaceva molto, e soprattutto, mi rendeva indipendente. Suonavo un po’ di tutto dal Rock alla Musica Popolare, con Mariapia De Vito avevamo un gruppo che si chiamava “A banca dell’Acqua”, all’inizio facevamo i brani del NCCP. Poi cominciai a scrivere, “Viene Suonno” il brano che chiude il disco è una rielaborazione, di un brano dell’epoca.

Continua…

Con Paolo Di Sarcina, altro amico Musicista, suonavamo Rock, fondamentale per noi era imparare il mestiere della Musica. Il primo lavoro importante venne poco dopo, a 19 anni entrai nell’Orchestra di Aurelio Fierro, l’arrangiatore era il giovane Peppe Vessicchio!

Caspita!

Con Paolo poi riformammo i 666 e ci siamo tuffati nel mondo della new wave. Negli anni Novanta ho fatto il chitarrista lavorando molto per il teatro, incrociando spesso un altro grande che mi piace ricordare: Gino Evangelista, e molti concerti, si suonava moltissimo, e ho collaborato con tanti della nuova scena Napoletana. Sono stato per molti anni il chitarrista della piccola Orchestra del Teatro San Carluccio, una bellissima esperienza, che mi ha fatto conoscere e suonare con tanti Musicisti straordinari: Paolo Raffone, Piero de Asmundis, Daniele Sepe… Una sera venne Carlo D’Angio, facemmo dei brai insieme… ma anche altro, spesso suonavo con Marcello Coleman che in questo disco ha scritto il testo di “Sienteme” cantata insieme a Simona Boo; è stato bello rincontrarlo e collaborare di nuovo.

Prosegui…

Una cosa che mi ha fatto molto crescere musicalmente, è stato il diploma in Composizione Multimediale presso il Conservatorio di Napoli, nel dipartimento diretto da Lucio Lo Gatto. È stato lui a convincermi ad iscrivermi, inizialmente volevo fare il corso di Jazz, lui mi ha convinto per Composizione. Nei primi anni Duemila quando il Conservatorio è diventato Università si sono iscritti molti professionisti, c’èra un ambiente molto stimolante. Da un po’ di tempo a questa parte frequento il portale jazz del Maestro Manuel Consigli, una bellissima esperienza, insomma, mi piace giocare con la Musica!

Qual è il tuo miglior pregio?

Cerco di fare le cose con calma e lentamente cercando di dargli la giusta attenzione.

E il tuo peggior difetto?

Cerco di fare le cose con calma e lentamente (sorride, ndr).

Se potessi diventare un altro artista, chi vorresti essere e perché?

Guarda, come ho già detto, mi pacerebbe essere, un po’ di John Lennon, di Frank Zappa, di Bill Frisell, De Gregori, Ralph Towner, Peter Gabriel, Caetano Veloso, Miles, Franco Cerri, e tanti altri… In pratica i miei ascolti.

Che libri leggi, abitualmente?

Le librerie sono come le ferramenta, e i negozi di dischi, ogni volta che entro, devo comprare qualcosa, mi piacciono le biografie dei Musicisti, i libri di filosofia zen, fumetti d’autore. Ho letto varie cose di Jodorowsky, recentemente ho preso un libro sugli aspetti inediti del Che, e un racconto visionario di Vinicio Capossela.

A conclusione della nostra piacevole chiacchierata, quale messaggio consegni ai nostri lettori digitali?

Cercate di vivere il più possibile nella natura e all’aperto, andate ai concerti, sostenete la Musica e l’Arte indipendente. In giro, intorno a noi, ci sono tantissime cose belle, di alta qualità! I Musicisti sono Artigiani, e quelli indipendenti ancor di più, se riesci a incontrarli ad entrare in sintonia, si possono scoprire delle cose uniche.

MICHELE BRUCCHERI

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