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Gabriella Parisi

È un viaggio lungo e tormentato quello che mi porta da Lecce fino a Otranto. Il vento soffia gelido, impetuoso e non dà tregua. C’è un silenzio surreale e metafisico che inghiotte tutto, e il cielo sembra ingaggiare una lotta furibonda tra luce e tenebre.

Quei pochi turisti che si aggirano come anime smarrite a Otranto, sembrano volersi aggrappare a un appiglio, a un’ancora di salvezza che illumini il loro cammino. Non so per quale fatale coincidenza il mio viaggio a Otranto sia avvenuto proprio il 24 febbraio 2022: giorno tristemente famoso perché segna l’invasione di Kiev, in Ucraina, ad opera dei militari russi guidati da Putin.

La storia degli ucraini, assediati e uccisi dai militari russi, si intreccia inesorabilmente alla storia degli otrantini, assediati e uccisi dalle armate turche nel 1480. Gianni Rodari scriveva che: “Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra.” E se la Storia non illumina più il presente, deve allora essere un imperativo categorico, sia etico che morale, ricordare e ricordarci che ogni guerra è la morte: non solo di un Popolo, ma dell’intera Umanità.

La Storia si ripete, ma nulla è cambiato. Purtroppo. L’assedio di Otranto è come quello di Kiev, Mariupol, Odessa, Kharkiv e Kherson. Domani potrebbe toccare anche a noi. Per quanto l’infinita bellezza paesaggistica e naturalistica di Otranto abbagli tutti i turisti che la visitano, prevale però un altro tipo di bellezza spirituale sempre eterna: quella dell’eroismo dei suoi cittadini che hanno fatto la storia di Otranto.

Varcare la soglia della cattedrale di Otranto è come entrare in un portale che ci catapulta direttamente nei fatti cruenti della Guerra di Otranto del 1480, ad opera dei turchi guidati dal sanguinario Gedik Ahmet Pascià, detto lo “sdentato”, a danno degli otrantini governati da Ferdinando I d’Aragona, detto Ferrante, del Regno di Napoli.

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Cattedrale di Otranto

L’assedio fu talmente violento e improvviso da cogliere di sorpresa, non solo le truppe aragonesi che non erano presenti sul luogo, ma soprattutto gli abitanti di Otranto che non poterono contare su nessuna arma di difesa, oltre ai loro attrezzi da lavoro. Proprio la cattedrale, l’11 agosto 1480, fu l’ultimo posto dove trovano riparo i civili, come donne e bambini, dall’infuriare dell’invasione dei turchi. E, quando l’arcivescovo di Otranto stava celebrando l’Eucarestia, i militari ottomani fecero irruzione nella cattedrale e lo decapitarono. La sua testa fu portata in giro su una lancia ed esibita per le strade della città, dando inizio a uno tra i più cruenti massacri di guerra di vittime innocenti.

Il silenzio regna sovrano in tutta la cattedrale e mi sento quasi indegna a calpestare il meraviglioso pavimento a mosaico dell’artista monaco basiliano Pantaleone, su cui è stato versato tanto sangue di martiri innocenti e che rappresentò, nella volontà dell’artista, l’unione di Oriente e Occidente per mezzo della presenza di iscrizioni in greco e della figura di Alessandro Magno. È raffigurata anche l’interpretazione biblica dell’Albero della Vita, con l’Inferno e il Paradiso e da cui Dante Alighieri, che doveva conoscere bene quest’opera, come affermano tanti storici, trasse ispirazione per la creazione del suo capolavoro universale: La Divina Commedia.

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Monumento 800 Martiri di Otranto

Nella navata di destra e alle spalle della statua sacra in legno della Madonna, ci sono delle grandissime teche in vetro sulle pareti, in cui sono raccolte le ossa degli 800 Martiri di Otranto che, il 14 agosto 1480, furono decapitati sul colle della Minerva e che si erano rifiutati di rinnegare la religione cristiana: non solo ci ricordano il terrificante sacrificio dei Martiri, ma sono loro stesse reliquie sante, in comunione con il Sacrificio di Cristo e di tutti i martiri della Chiesa.

Tragicamente, ancora oggi, l’Ucraina sta subendo su più fronti una guerra aberrante e disumana, in cui non è risparmiato alcun atto di ferocia bestiale contro i civili, divenuti anche loro martiri e immagine vivente della Passione di Cristo. Per il presidente ucraino Zelensky: “L’assedio di Mariupol passerà alla storia come esempio di crimine di guerra. È un atto di terrore che sarà ricordato nei secoli a venire”.

Per descrivere l’abominio della guerra non si trovano le parole, il pensiero stesso è annichilito perché, come scriveva Hanna Arendt: “(…) Il pensiero cerca la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua ‘banalità’. Solo il bene è profondo e può essere radicale”.

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Scorcio suggestivo di Otranto

Papa Francesco, a più di un mese dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, ha rinnovato il suo appello perché cessi la guerra: “L’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia”. Non possiamo che non unirci anche noi all’accorato appello di Papa Francesco e colgo l’occasione di salutare tutti i gentili lettori de La Voce del Nisseno, dedicando una mia poesia inedita, intitolata: Gesù muore ogni giorno.

GABRIELLA PARISI

 

***

Gesù muore ogni giorno (di Gabriella Parisi)

 

Teneri germogli non arretrano davanti al buio,

lottano per sbocciare

contro le avversità,

l’indifferenza,

la mano crudele

che li spezza senza un motivo.

Ogni giorno sorge il sole,

sulla testa del buono e dell’empio.

Tutti i giorni sono occasione per sbocciare,

migliorare

e portare rinnovate gemme

sull’altare dell’Amore.

Ma ogni giorno muore Gesù

nel cuore di chi spegne la luce e la speranza

negli occhi del proprio fratello,

di chi è indifferente,

di chi non ama e spezza la vita

con la brutalità della Guerra.

Gesù,

aiutaci ad amare e a perdonare,

per fare di ogni giorno un Nuovo Giorno.

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