Lidia Poët
Lidia Poët

Lidia Poët fu certamente la prima donna ammessa all’iscrizione in un Ordine professionale destinato, fino a quel tempo, esclusivamente agli uomini; ma il suo pensiero, altissimo e libero, la portò ad essere tra gli ideatori del moderno sistema penitenziario e in prima linea nelle battaglie per l’emancipazione femminile, per la tutela delle donne e dei minori.

Nel 1881 discusse la tesi di laurea “Studio sulla condizione della donna rispetto al diritto costituzionale e al diritto amministrativo nelle elezioni” e non fu assolutamente un traguardo, ma per questa donna illuminata, fu l’inizio di una serie di rivendicazioni. Appena laureata, dedicò due anni alla pratica forense e, successivamente, affrontò l’esame di abilitazione alla professione forense, con ottimi risultati. In possesso di tutti i requisiti necessari, chiese l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Torino. Fu così che, nel 1883, il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Torino decise di iscrivere Lidia Poët, la prima donna in Italia, all’albo degli avvocati.

Sebbene avesse superato le prove previste per l’iscrizione all’Albo degli Avvocati, il Procuratore Generale del Regno mise in dubbio la legittimità dell’iscrizione ed impugnò immediatamente la decisione, ricorrendo alla Corte d’Appello di Torino.

La Corte annullò la sua iscrizione perché “sarebbe disdicevole e brutto veder le donne discendere nella forense palestra, agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano”; piuttosto, bisognerebbe riflettere se è “veramente un progresso e una conquista per loro quello di poter mettersi in concorrenza con gli uomini, di andarsene confuse fra essi, di divenirne le uguali, anziché le compagne”.

La passione per i diritti la portò ad esercitare ugualmente nello studio legale del fratello Enrico, che la sostenne prima nel percorso di studi e poi nelle battaglie che condusse per essere ammessa all’esercizio della professione di avvocato.

Lidia Poët
Lidia Poët

Il suo nome ricorre negli scritti e nei documenti che parlano dei primi interventi a favore delle donne detenute, degli emarginati, dei profughi, dei minori. Nei suoi scritti si leggono le battaglie dirette ad ottenere la piena emancipazione femminile, si parla di diritto al voto e di parità di genere. Ed è chiaramente un segno del tempo che, in un Decreto del Prefetto di Torino del 1918, che istituiva i Patronati nei Comuni con la presenza di profughi, l’unica donna ammessa a farne parte quale componente, fu soltanto la battagliera Lidia Poët.

È curioso sapere che Lidia Poët, solo nel 1920, all’età di 65 anni, ottenne l’iscrizione all’Ordine degli avvocati di Torino e che nel 1922 divenne Presidentessa del Comitato pro voto di Torino.

È interessante, infine, il discorso tenuto dall’avvocato Lidia Poët ad un Congresso del tempo, nel quale ancora oggi le sue parole risuonano come la matrice di irrinunciabili diritti.

MARIA PIA GALANTE

(Avvocato, ha già pubblicato diversi articoli sul nostro periodico d’informazione. Nella precedente edizione si è occupata della Riforma Cartabia)

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