Antonino Migliore
Il vescovo Antonino Migliore

È tornato definitivamente a Serradifalco, il vescovo Antonino Migliore. Agli inizi dell’anno. Ha guidato per quasi un quarto di secolo la Diocesi di Coxim (Brasile). Al suo posto è subentrato, ora, padre Otar Nicoletti.

Antonino Migliore
Il vescovo Antonino Migliore

Padre Antonino Migliore, 76 anni, intervistato da La Voce del Nisseno afferma in merito a un sogno che coltiva da tempo: “Anziani e ammalati non mancano in paese. Ogni giorno cerco di fare una o due visite. Vedo tanta gioia nel ricevermi e questo mi incoraggia a continuare. Approfitto di questo strumento per invitare a contattarmi in qualunque circostanza”.

Il 10 maggio 2000 arrivò la nomina papale, a giugno ci fu poi l’ordinazione episcopale presso l’imponente cattedrale di Caltanissetta. Ripartì per il Brasile. Era già stato lì, come sacerdote, nel 1986. A Piracicaba e poi a Sonora (il vescovo Eduardo Koaik accolse le sue richieste). Ci fornisce i dettagli della sua meritoria opera pastorale e sociale che va encomiata.

Da vescovo, padre Antonino Migliore ha ordinato ben ventidue sacerdoti e “abbiamo costruito cinque chiese”, ci dice ancora con fierezza. A giugno, saranno ben 54 anni di sacerdozio (venne ordinato il 29 giugno 1969).

Da circa metà gennaio è definitivamente rientrato a Serradifalco. Da quasi 23 anni è stato vescovo, ora emerito, di Coxim. Qual è il bilancio umano e pastorale da presule in terra brasiliana?

Ringrazio il Signore che mi ha chiamato, prima, al sacerdozio e poi alla vita missionaria. Come bilancio umano, ho sperimentato l’apertura a una realtà umana ed ecclesiale molto più vasta di quella che potevo avere a Serradifalco. Il Brasile è una nazione grande (28 volte l’Italia), ma, oltre alla vastità del territorio, è un insieme di culture. Infatti si dice che non c’è un solo Brasile, ma molti. Nei 36 anni di vita in Brasile, ho avuto la possibilità di convivere con diverse culture: i primi tre anni nello Stato di San Paolo (Piracicaba) ho esercitato il ministero sacerdotale in una parrocchia, formata da discendenti del Nord Italia (Tirolo); poi nel Mato Grosso, con una popolazione proveniente da diverse parti del Brasile. A Sonora, dove fui parroco, erano persone in cerca di lavoro, in diocesi, poi, l’incontro fu molto più largo.

Un grande arricchimento…

Sì, tutto questo mi ha arricchito umanamente e socialmente. L’esperienza episcopale mi ha inserito nel cammino religioso dell’episcopato brasiliano, il maggiore in numero e pratica pastorale del mondo intero.

Tuttavia, dal lontano 1986, è stato missionario in Brasile. Per ben 10 anni. Come ricorda gli inizi della sua attività religiosa?

Di inizi ne ho avuto due: il primo fu a Piracicaba (San Paolo). Il Vescovo, Dom Eduardo, mi ha affidato una parrocchia grande e ben organizzata. Non ho sofferto. La corrispondenza delle persone mi gratificava. Per questo al secondo anno ho manifestato al Vescovo la mia “insoddisfazione” missionaria, cioè il desiderio che avevo in cuore di cominciare un lavoro sullo stile di San Paolo (formare una comunità dall’inizio). Il Vescovo mi ha capito e mi ha prospettato l’idea del Mato Grosso. In questi tre anni, ho provato una gioia grande nel lavorare in una favela presente nel territorio parrocchiale. Abbiamo realizzato varie opere sociali.

Il vero inizio, dunque, è a Sonora…

Il vero inizio del mio sogno fu, infatti, a Sonora (Mato Grosso nel 1990). All’epoca, Sonora era un villaggio di gente proveniente da varie parti del Brasile in cerca di lavoro. 500 casupole improvvisate e alcune case degli impiegati dell’industria di canna da zucchero, che fu la causa della nascita di questo nuovo paesino. Il Comune aveva un anno di vita. Niente asfalto, niente telefono. Acqua e luce, grazie a Dio, c’erano. Religiosamente, ogni tanto un Frate Cappuccino celebrava una Messa.

Antonino Migliore
Papa Francesco con vescovi e cardinali

Inizio difficile, impegnativo…

L’inizio non fu roseo, ma faceva parte del mio sogno: cominciare da zero. E così fu! La Grazia di Dio fu molto grande. Ora la cittadina ha quasi 20.000 abitanti. Abbiamo costruito 5 Chiese. La Chiesa Madre, grande, ha 1.000 posti a sedere.

Sono stati un sacco i progetti portati avanti. A quali si sente maggiormente legato?

Ci sono stati tanti progetti religiosi e altri sociali. A questi ultimi mi sento maggiormente legato. A Sonora la situazione era molto precaria in tutti i sensi. La prima Amministrazione Comunale fu una delusione, per cui bisognava far qualcosa. E allora: 14 case popolari, 8 piccoli appartamenti per Anziani, Doposcuola, “Vacca meccanica” per il latte di soia, farmacia omeopatica, eccetera eccetera. Ma il progetto che mi sta più a cuore e che continua ancora oggi è il “Progetto Speranza Giuseppe Guttilla”. Quest’anno completa 30 anni. Riceve ogni giorno 200 bambini, dai 7 ai 14 anni. Le Suore fanno un ottimo lavoro, rendendo la struttura sempre più moderna e funzionale.

Sebbene sovente sia venuto a Serradifalco, come trova il nostro paese?

Sempre più scoraggiato. Mi spiego. Per la diminuzione degli abitanti, per i flussi altrove dei giovani laureati, per la mancanza di posti di lavoro… C’è una continua lamentela. Si pensa che è difficile fare iniziative e ci si chiude nel proprio guscio. Io ho cominciato a parlare della speranza. È una virtù, quindi dono di Dio, ma è anche un impegno di ciascuno di noi. Anche se pochi, possiamo fare tante cose. Sto divulgando la devozione alla “Madonna della Speranza”. A Sonora abbiamo costruito una Chiesa con questo titolo. La bella immagine arrivata là dall’Italia l’ho impressa in una immaginetta che sto distribuendo nelle mie visite, contenente una preghiera fatta appositamente.

Oltre mezzo secolo di sacerdozio. Tempo addietro, in una nostra intervista, ci disse che avrebbe realizzato un sogno. Quello di aiutare anziani e ammalati. Ci sta lavorando, eccellenza?

Sì, ho cominciato, con calma. Anziani e ammalati non mancano in paese. Ogni giorno cerco di fare una o due visite. Vedo tanta gioia nel ricevermi e questo mi incoraggia a continuare. Approfitto di questo strumento per invitare a contattarmi in qualunque circostanza.

Alla fine della nostra chiacchierata, cosa chiede ad amici e fedeli? Come possono aiutare il vescovo Migliore, padre Antonino, a realizzare progetti?

Il sogno di cui ho parlato prima sarebbe l’unico progetto pensato per quest’ultima fase della mia vita. Per il resto voglio essere, come sempre ho fatto, disponibile al Signore in tutto quello che Lui propone.

MICHELE BRUCCHERI

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