CUORI
Voglia di Pace

“L’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede” Anna Stepanova Politkovskaja

Cosa vede e cosa pensa Putin? Difficile dirlo. Dai bombardamenti devastanti si capisce solo che vuole la resa dell’Ucraina. Possiamo però dire che, come ogni uomo di potere, come ogni uomo che ha il potere di vita e di morte sui suoi simili, Putin, è prigioniero del “limite cognitivo” proprio di chi vive chiuso dentro il suo inaccessibile “palazzo politico”. Un luogo, che come uno specchio, gli può solo rimandare solo la sua immagine, il suo pensiero, le sue convinzioni, con il risultato che la realtà gli apparirà deformata e il dolore indicibile delle vittime gli arriva come un sibilo smorzato, tutto sommato sopportabile.

Un passo indietro: sedici anni fa. Era il 7 ottobre del 2006 quando fu assassinata nell’ascensore del suo palazzo a Mosca, Anna Stepanova Politkovskaja. In quello stesso giorno Putin festeggiò il suo compleanno. La carriera giornalistica di Anna era iniziata negli anni di Gorbačëv, della Perestrojka. Era un’epoca di speranza, tutti credevano che l’Unione Sovietica potesse rinascere senza pagare il prezzo delle guerre intestine. In quel momento Anna era innamorata del suo lavoro ed era convinta di poter raccontare la Russia migliore. Non fu così. Con l’ascesa di un leader zar, Vladimir Putin, ex agente del Kgb, le speranze per una Russia migliore svanirono.

Anna scrive che: “Con il presidente Putin non riusciremo a dare forma alla nostra democrazia, torneremo solo al passato. Non sono ottimista in questo senso… Non ho più speranza nella mia anima. Solo un cambio di leadership potrebbe consentirmi di sperare”. Anna Stepanova Politkovskaja cambia il suo punto di osservazione. L’amore per il giornalismo e per il suo Paese non era scomparso, ma aveva capito che era una condannata a morte: “Ho visto centinaia di persone che hanno subito torture. Alcune sono state seviziate in modo così perverso che mi riesce difficile credere che i torturatori siano persone che hanno frequentato il mio stesso tipo di scuola e letto i miei stessi libri”.

La voce di Anna ormai amplificava quelle straziate delle vittime delle azioni barbare perpetrate in Cecenia e in Ossezia. Gli abitanti di quelle aree erano sottoposti da Putin a massacri, con l’accettazione dei leader locali corrotti e con il silenzio dell’Occidente. Anna ogni giorno riceveva minacce sia dai politici russi che da quelli ceceni, mentre la popolazione l’amava perché “lei gridava il loro dolore”.

In poco tempo divenne la giornalista più scomoda dei giornali russi (“Novaja gazeta”), più disturbante per Putin e la sua corte di oligarchi: “Sono assolutamente convinta che il rischio sia parte del mio lavoro; il lavoro di una giornalista russa, e non posso fermarmi perché è il mio dovere”. Nell’ottobre del 2002 coraggiosamente accettò di negoziare per la liberazione degli ostaggi prigionieri nel teatro Dubrovka di Mosca. Nel 2003 pubblicò “Cecenia. Il disonore russo” per tale indagine le verrà conferito in Danimarca, “l’OSCE Prize per il giornalismo e la democrazia”.

CUORI
Pasquale Petix firma de “La Voce del Nisseno”

Nel 2004, in Inghilterra, appare come inedito il libro “La Russia di Putin”. Il libro verrà tradotto in tutta Europa, i tutti i paesi occidentali. Tutti hanno avuto modo di capire come funzionava la mente di Putin: “Questo libro parla di un argomento che non è molto in voga in Occidente: parla di Putin senza toni ammirati. A scanso di equivoci, spiego subito perché‚ tale ammirazione (di stampo prettamente occidentale e quanto mai relativa in Russia, dato che è sulla nostra pelle che si sta giocando la partita) faccia qui difetto. Il motivo è semplice: diventato presidente, Putin – figlio del più nefasto tra i servizi segreti del Paese – non ha saputo estirpare il tenente colonnello del K.G.B. che vive in lui, e pertanto insiste nel voler raddrizzare i propri connazionali amanti della libertà. E la soffoca, ogni forma di libertà, come ha sempre fatto nel corso della sua precedente professione”.

PASQUALE PETIX

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