“La stanza del Lago”
La scrittrice Giò Furfaro

Un romanzo intrigante e originale. “La stanza del Lago” (Edizioni del Poggio) è un bel libro a firma di Giò Furfaro. È dedicato al marito morto appena due anni addietro. Ha la prefazione di Giucar Marcone, scrittore e giornalista. Sono 128 pagine dense, intense e coinvolgenti. Ha impiegato sei anni per scriverlo e dopo nove anni dalla sua ultima fatica, “Il vento di Emma”, ha finalmente dato alla luce questo nuovo progetto editoriale.

“Per realizzare una storia accattivante e scorrevole, dando un tocco di fantasy, nella consapevolezza che dentro stavo costruendo un ambiente di pensiero non solo filosofico, ma anche religioso in una prospettiva sia cristiana che buddistica”, confessa a La Voce del Nisseno (versione online) che l’ha intervistata. Nella sua nota introduttiva, scrive: “Lucilla affronta non soltanto il presente, ma rivede il passato in una luce diversa affinché il futuro possa brillare di speranza”.

Ho letto con infinito piacere questo romanzo di Giò Furfaro. Siciliana di Messina, a cuore aperto e generosamente si racconta al nostro microfono. La sua scrittura è delicata e avvolgente. Nelle prime pagine ci sono frasi che sono aforismi: “Le cose che devono accadere trovano sempre la strada”; “Ognuno ha il suo destino”; “Certi luoghi irradiano più energia degli altri”. Suddiviso in diciotto capitoli, si fa leggere con trasporto e delizia.

Ciascuno di noi è ricco di qualcosa, ci sussurra la scrittrice e poetessa siciliana. Questo libro è un inno all’amore e alla speranza. Bisogna vincere il buio della malinconia e della tristezza, bisogna ritrovare sempre la voglia di vivere e costruire l’opportunità di ricominciare. Insomma, un libro che fa ritrovare la speranza e fa riscoprire il fuoco dell’amore. Eccola ospite del nostro giornale.

Poche settimane addietro hai pubblicato il romanzo “La stanza del Lago” (Edizioni del Poggio). Qual è il significato del tuo libro?

Innanzi tutto voglio ringraziarti per l’interesse che volgi agli artisti emergenti. Anche se scrivo da sempre, non sono riuscita ad avere molta notorietà, in realtà, ho pubblicato poco, quindi grazie direttore per questa intervista.

“La stanza del Lago”
Giò Furfaro

Grazie a te, cara Giò. È un grande piacere e un onore, per me.

Dopo nove anni dall’uscita del mio ultimo libro, sono riuscita a pubblicare questo romanzo su cui ho lavorato per sei anni per realizzare una storia accattivante e scorrevole, dando un tocco di fantasy, nella consapevolezza che dentro stavo costruendo un ambiente di pensiero non solo filosofico, ma anche religioso in una prospettiva sia cristiana che buddistica. Nel mio pensiero, noi siamo legati dalla sostanza materiale e dalla sostanza spirituale, dalla eterna lotta tra bene e male, giacché rinascendo, secondo il principio del karma, dobbiamo espiare le colpe e gli sbagli commessi in vita seguendo un ciclo di rinascite fino al raggiungimento della purificazione. Ed è per questo che cerchiamo delle risposte che la materia da sola non può soddisfare in altre dimensioni.

Prosegui.

Nella mia vita difficile e complicata, mi sono chiesta a cosa servisse tanto dolore e perché tanta sofferenza nel mondo: ho trovato rifugio e risposte, per continuare a vivere, in persone che mi hanno spiegato l’origine del Karma-Darma. La legge di causa ed effetto. Il Dharma è la rettitudine, la direzione da prendere. L’Ego che abbiamo accumulato nelle vite precedenti è l’ostacolo su questo cammino. Se si crede nel karma è meglio ponderare prima di agire, viceversa si deve essere pronti ad affrontare le conseguenze. Se la vita non è soltanto questa realtà, allora ho immaginato che al di là della materia esistono altre realtà.

Interessante.

Comincio così un percorso dove i meccanismi mentali e di conseguenza il rapporto con le cose e le persone cambiano letteralmente. Mi sono cimentata in questo romanzo e man mano riflettevo su quello che avevo imparato e lo trasformavo in racconto fantasy, dato che molte cose sono pura invenzione e a me piaceva così. Quando ho attraversato con questo romanzo certi aspetti non solo personali ma anche universali, perché la vita di ognuno è legata a tante altre vite, ho immaginato e dato vita a nuovi meravigliosi panorami. Spero di esserci riuscita. Il titolo? Dovete leggere il libro per capire meglio… cos’è la stanza del lago.

“La stanza del Lago”
La copertina del libro

È una sorta di viaggio dentro sé stessi per una migliore consapevolezza: è così?

Nel romanzo sviluppo la consapevolezza di noi stessi, un processo cognitivo che parte dall’inizio di quella stanza fino al termine del viaggio. La protagonista Lucilla, dopo aver ripercorso e rivissuto con la memoria i punti focali della sua esistenza, ne uscirà forgiata con una mentalità nuova e con un comportamento del tutto positivo. Solo attraverso una sofferta riflessione, raffigurata nei personaggi che incontra nel suo percorso, analizza gli errori commessi e raggiunge un alto livello di coscienza.

Vai avanti, Giò.

Si rende conto che l’odio è nato dal fatto di non poter possedere più il suo amore che ha creduto fosse eterno, si libera, in qualche modo, dal macigno della sofferenza, consapevole che incontrerà l’amore prima o poi, non importa in quale momento o tempo.

In apertura, c’è una dedica a tuo marito. Perché?

“Se basterà solo un granello per capire la grande montagna, mi considererò fortunata, e la mia paura si dissolverà nella luce della sua voce”. Riuscire a percepire, anche poco, anche un granello del grande disegno divino aiuta ad andare avanti con la fede. Così quando due anni fa mio marito Vito è venuto a mancare, gli ho dedicato il libro.

Nella prefazione, Giucar Marcone scrive: “In un’epoca come la nostra in cui si cercano facili consensi anche in ambito culturale, il romanzo di Giò Furfaro è da considerarsi anche una sfida culturale che trova le sue radici nella filosofia…”. Come commenti queste belle parole?

“La stanza del Lago”
Giò Furfaro

La maggior parte delle persone, soprattutto i ragazzi, oggi amano leggere, come un copione standard, libri sugli eroi, fantastici come “Il signore degli anelli”, “La saga di Harry Potter”, “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” che sono i migliori libri fantasy così come tanti altri libri del genere che hanno dato vita ad una lettura su mondi dove ti stacchi completamente dalla realtà. Un relax per la mente che è sempre in movimento in quest’era caotica e consumistica…

Continua.

Io ho voluto inserire aspetti diversi nel mio romanzo, partendo da una frase del filosofo Giordano Bruno: “Non è la materia che genera il pensiero, bensì è il pensiero che genera la materia”. In questa frase, per me, è insita la vera essenza dell’universo intero. Giucar Marconi ha rappresentato in modo intenso la sostanza del racconto. Gli riconosco la capacità interpretativa. Che sia una sfida culturale o no, credo che dove c’è fede c’è anche la ragione. Spero che questo innesto culturale sia vincente.

Considerato lo straordinario periodo storico legato al Covid-19 che impedisce un sacco di cose, cosa pensi di fare per presentare il tuo libro?

Questa è una bella domanda. Avevo una grandiosa idea, prima del Covid-19 su come presentare “La Stanza del Lago”. Infine ho pensato che se era questo il momento giusto, dopo aver atteso tanto, forse doveva andare così e comunque se un libro piace può trovare spazio anche in situazioni di emergenza, come quella che abbiamo vissuto e, direi, continuiamo a vivere, perché il virus non è del tutto scomparso.

Concordo con te.

Molto ha fatto il mio editore Giuseppe Tozzi che ringrazio, in quanto non è stato un semplice stampa libro. Poi un passaparola spontaneo, anche dopo questa bella intervista, fatta con te, può generare una pubblicità di qualità e, penso, che la curiosità di chi ha visto online il libro abbia prodotto una buona forma di promozione. D’altronde posso sempre rifarmi, quando, si spera, tutto sarà passato e si potranno fare assembramenti, meglio dire una presentazione meritevole.

Partiamo dalle tue origini. Quando hai iniziato a scrivere?

Sono nata in un fondo agricolo del sobborgo messinese di San Michele, luogo di singolare bellezza, in cui il tempo sembrava essersi fermato. Ho trascorso una infanzia spensierata e tranquilla a contatto con la natura. Ma presto mi sono resa conto che quella solitudine mi aveva distaccata dalla realtà che cominciavo a sentire dura, inadatta. Spesso alla vista delle persone mi nascondevo. Crescendo mi accorsi della mia grande timidezza e mi sentivo amputata della parola: unico sfogo, all’età di otto anni, era un quaderno su cui cominciai a scrivere poesie e racconti. Lungo è stato l’impaccio della timidezza e di quell’ansia sociale che comunque mi porto sempre addosso, anche se devo dire di non essere più una persona estremamente timida. Ho tolto molte barriere, anzi qualcuno adesso mi zittisce, perché parlo molto.

Quali sono stai i tuoi componimenti sino ad oggi?

Ci sono tre diverse strade da considerare, la prima quella in cui sono riuscita a pubblicare, la seconda quella dei concorsi A.s.a.s. di Messina “Associazione siciliana arte e scienza” (unico concorso che faccio e, colgo l’occasione di ringraziare tutta l’Asas e in particolare alla presidente Flavia Vizzari) e la terza tutto il materiale prodotto negli anni e che tengo caro nei cassetti, alcuni come memoria di una crescita strutturale sempre più elaborata e ricercata.

Inizi nel 1983, è vero?

Nel 1983 pubblico con l’Albatros Editrice di Roma la prima collana di poesie “Io una ragazza così”. Nel 2011 pubblico il mio primo racconto “Il vento di Emma” con Aletti Editore di Villalba di Guidonia (Roma). Quest’ultima opera spacca quel silenzio di anni in cui mi ha vista fare altre cose. I problemi di vista mi fanno attaccare ancora di più alla scrittura da farne il mio vero lavoro, anche se poco redditizio. E, per ultimo, pubblico il romanzo “La stanza del Lago” dopo quasi dieci anni. Partecipo anche ai concorsi Asas, comincio nel 2017 vincendo il sesto posto, con un riconoscimento speciale per la silloge poetica inedita “Di quella luna e di questa luce”.

Poi lo scorso anno…

Nel 2019 ottengo il quarto posto, menzione d’onore con il racconto inedito “Getta via quel bicchiere”. Solo quest’anno con tanta gioia conquisto il primo premio con la silloge poetica “Nelle note della tua voce silenziosa”, dove oltre il trofeo, mi aggiudicano la pubblicazione gratuita di 200 libri: sponsor Peppino Tozzi titolare della Casa Edizioni del Poggio di Foggia. Nello stesso concorso, nella Sezione Narrativa inedita, conquisto il 3° Premio con il romanzo “Ritornare a vivere”.

Il tuo primo romanzo è stato pubblicato quasi dieci anni fa: “Il vento di Emma”. Ce ne parli?

Ho inserito il racconto “Il vento di Emma” nel contesto messinese con i suoi spaccati di profumi e paesaggi e aspetti aspri di vita lavorativa che abbiamo e viviamo ancora nel Sud. Emma, la protagonista, trascinata dagli eventi dolci e violenti come il vento di scirocco, è una donna di cinquant’anni, ancora single. Si ritrova a vivere un amore unico, ma la vita, come spesso accade, le riserva un duro colpo. Si ritrova di nuovo sola, dopo avere incontrato e poi perduto l’amore grande della sua vita. Quando il suo Fiorenzo le appare per un attimo, anche se fisicamente non esiste più, il sentimento di pace che riesce a trasmetterle l’aiuterà a trovare la forza per andare avanti, supererà i dubbi e i chiaroscuri dell’anima accettando la vita che, comunque, va vissuta nella sua unicità. Anche, in questo romanzo, appare la parte spirituale che è in me.

C’è un premio al quale ti senti legata? O anche un elogio?

Dopo pochi mesi dalla pubblicazione de “Il vento di Emma”, nella “Notte della Cultura” svoltasi nella mia città, nel Palazzo “Antonello da Messina”, il 12 marzo del 2012, mi viene conferito dall’Associazione Kafka un premio come migliore scrittrice emergente nella narrativa con questa motivazione: “Con sapienti parole sa toccare le corde più nascoste dei nostri sentimenti”. La mia gioia è stata immensa, ero accanto ai grandi di Messina, come ad esempio la nostra Poetessa in vernacolo Maria Costa, il regista Nico Zancle. Ti posso dire che ricorderò sempre anche un elogio del poeta messinese Demetrio Zumbo che mi disse: “Tu sei una penna d’oro”. Bastarono quelle poche parole a dare un senso più ampio e più autostima. Mentre tra i commenti riferiti al romanzo “La Stanze del Lago” un certo Vincenzo ha scritto: “Leggerlo mi ha arricchito, ti porgo il mio più alto senso di Stima”.

Tu hai avuto una vita travagliata. Certamente la scrittura aiuta ad andare avanti. Ma anche la lettura. Chi sono i tuoi autori prediletti?

Per me è davvero complicato affrontare argomenti personali. Posso solo dirti che ad ogni caduta è sempre seguita una ripresa. All’età di quarantotto anni, premetto che ho sempre avuto problemi di vista sin dall’infanzia, una maculopatia ha colpito il mio occhio sinistro. Questo evento mi ha cambiata e mi ha catapultata in un’altra dimensione. Ma da quando a sessantanni sono rimasta vedova l’unica passione che mi tiene in vita è la scrittura. Viaggio impazzita in storie dove i personaggi compiono e oltrepassano la linea che non posso più fisicamente superare, resto fedele alla mia malinconia, ma anche alla voglia di dare un senso concreto alle cose e nella genialità della scrittura trovo l’antidoto alla depressione. In un certo senso credo di esserci riuscita. Nel mio piccolo raggiungo l’estasi nel linguaggio scritto, nei versi anche se crudi e reali.

Una risposta efficace ai pesi della vita: brava.

Mi piace immergermi in tanti autori famosi e non, sono le storie, i titoli a volte a coinvolgermi nella lettura. Tra i classici ammiro Pirandello soprattutto in “Uno, nessuno e centomila”, ultimo libro scritto dall’autore che in un certo qual modo vuole lasciare la propria idea che ha di sé e del mondo. Il concetto che indossiamo tante maschere per ogni persona che incontriamo e diversi lo siamo anche con noi stessi, mi affascina.

Poi?

Mi piace la poesia di Gabriele D’annunzio (anche lui perde un occhio, ma mi piace per altri motivi, lo dico sorridendo). Ad un certo punto della sua vita si allontana dalla società, rompe gli schemi metrici e utilizza il verso libero, a me molto caro, come ne “La pioggia nel Pineto” in cui la musicalità dei versi mi trasporta in quella sua dimensione.

Continua con il tuo ragionamento…

Mi sono ispirata anche ai poeti ermetici per quel senso di smarrita tristezza in un inconoscibile universo come Salvatore Quasimodo che attraverso le parole penetra nel mistero della vita. Avvincente “Ed è subito sera”, in cui descrive perfettamente la condizione dell’uomo nel mondo, della sua solitudine anche se vive in mezzo alla gente.

C’è anche la Merini.

Altra figura di grande spessore nella poesia contemporanea è Alda Merini col suo linguaggio libero e assolutamente autentico. Trasforma il dolore in una straordinaria energia creativa, era un aforista, e come scrive Nicolas Gomez Davila: “L’aforisma deve avere la durezza della pietra e il tremolio delle foglie”.

Completiamo con altri nomi? 

Finché ho potuto ho letto svariati libri dai classici italiani (Manzoni, Verga, Svevo, Carlo Levi), a quelli stranieri (Dickens, Dumas, Salgari, Edgar Allan Poe), tra i contemporanei Paulo Coelho, James Refield, Elena Ferrante, per ultimo Mario Facone con la sua “Alba nera”. Ho letto inoltre narrativa varia, anche di autori poco noti. Penso che ognuno, in conclusione, trova la sua linea, il suo marchio senza somigliare a nessuno, perché solo così la strada diventa libera. Ogni poesia è un’impronta del proprio io. Ogni racconto è la sintesi di esperienze vissute, nell’immaginario camminano come serpenti nell’ombra dove stagioni e cicli hanno segnato la mia vita.

Quali sono i tuoi valori di riferimento?

Ho delle convinzioni molto forti che ho acquisito durante la mia battaglia, così definisco la mia esistenza costellata di ostacoli. I valori acquisiti nel tempo, per me giusti, considerato il mio carattere non molto malleabile, sono anche il risultato di una educazione familiare molto religiosa, equilibrata, basata soprattutto sull’essere corretti e onesti. Ognuno poi ha il suo modo di vedere il mondo. Ho commesso degli errori che mi hanno portato a riflettere e a modificare il mio atteggiamento nei confronti del prossimo. Ogni nostra azione, ogni nostro comportamento e soprattutto i pensieri, come spiego in questo romanzo, le nostre scelte, il nostro modo di essere, dipende dai Valori che per noi sono importanti nella vita. L’essere onesti, ad esempio, è fondamentale. Chi mi conosce a fondo ha fiducia in me e, al di là del variegato panorama umano che incontriamo, tendo a convincere gli altri ad avere più fiducia nel prossimo. Nella vita c’è tanto bisogno di onestà! Che sensazione sgradevole incontrare la falsità che, comunque, sono in grado di riconoscere, gestire e dove non c’è soluzione sfuggirla.

Cosa ti commuove di più?

Le persone straordinarie, quelle che nelle difficoltà sanno cavarsela. Non si piangono addosso, ma continuano a saper viaggiare, anche senza una gamba o un braccio, anche con poca vista o sommersi nel quotidiano da avversità da affrontare. Quando i miei problemi mi assillano, rivolgo a loro lo sguardo quale esempio di coraggio e continuo più forte di prima, perché so che ci sono altre vie percorribili.

E cosa ti infastidisce di più?

Non mi piacciono le persone che non tentano altre strade, che si accasciano e si compiangono anziché trovare risposte alternative. Le persone povere di cuore, quelle proprio non mi garbano.

Quali sono i tuoi migliori pregi?

Non bisogna mai giudicare una persona al primo impatto, questo l’ho imparato a mie spese. E’ sbagliato trarre conclusioni affrettate. Bisogna sempre dare una seconda o più possibilità. Un amico un giorno mi disse di stare lontano dalle persone negative, e se le persone non vogliono modificare il loro modo di agire e continuano a persistere nella loro negatività è preferibile allontanarsi perché il tempo è prezioso, meglio rivolgerlo a qualcun altro e a qualcos’altro. Quando sento una persona giù di tono, cerco di farla sentire bene, ascoltandola e immettendo energia positiva. Suggerisco idee che possono ampliare la veduta stretta che ha della vita, difficile compito, ma almeno per quel giorno, sono felice di averle dato un sorriso. Per il resto lascio che siano gli altri a pesare i miei pregi.

E il tuo peggior difetto?

La timidezza, in primis. E poi sono dura ad assimilare, ci vuole tempo perché riconosca nuove realtà e farle mie anche con l’ausilio di molti esercizi mentali di convincimento. Oggi non mi giro indietro e non ho rimpianti, ma questo è un mio pregio, lo dico con piacevole soddisfazione, per quelli che dicono spesso di vivere di rimpianti.

 Qual è il tuo aforisma preferito?

“Vivi e lascia vivere”. Fin da ragazza ho sempre avuto la necessità di assaporare ogni gusto della vita partendo da zero e non sopportavo chi era più adulto e doveva impartirmi la sua saggezza. Bisogna vivere la propria vita senza infastidire gli altri e nessuno può avere il diritto di decidere cosa sia giusto o sbagliato. Ognuno deve vivere la propria vita e avere la libertà di fare delle scelte. Tranne se non è mia sorella a dirmelo, allora cerco di ascoltare col cuore e con la testa.

MICHELE BRUCCHERI

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