Dobbiamo imparare a sognare
Michele Bruccheri (direttore del periodico d'informazione "La Voce del Nisseno")

Dobbiamo imparare a sognare. Annualmente viene stilata una classifica da Italia Oggi (pubblicata a metà novembre). Una sorta di “fotografia” della nostra amata nazione. Suddivisa per temi e per province. E Caltanissetta, secondo questi ultimi dati, occupa una “brutta” posizione. È fanalino di coda. Si trova al posto 101 su un totale di 107 province per qualità della vita, ad esempio. Che il nostro martoriato territorio abbia, da tempo e per colpa di tutti, o quasi, disastri economici e sociali lo sappiamo ormai da parecchio tempo. Ma il gruppo dirigente di questa meravigliosa terra – politica ed economia in primis – cosa ha fatto, cosa fa, per migliorare questa desolante e sconsolante situazione?

Anche gli altri parametri che prendiamo in considerazione sono negativi. Posizione 105 per tasso di occupazione, 87° posto per tasso di disoccupazione (quasi il 14%); ed ancora: posto numero 100 per disponibilità di verde urbano, posto numero 106 per offerta di trasporti pubblici, posto numero 90 per raccolta differenziata di rifiuti solidi urbani.

Sono numeri impietosi. Numeri che fanno tremare le vene ai polsi. Completiamo però questo puzzle. Posizione 106 per istruzione, formazione e capitale umano; posizione 102 per partecipazione alla scuola dell’infanzia; ancora 106° posto per tempo libero e turismo; posto numero 100 per reddito e ricchezza, posizione numero 99 per posti letto in terapia intensiva e terapia intensiva neonatale ogni 1000 abitanti. Un rosario di cifre che dovrebbe far arrossire più di qualcuno.

Un quadro triste, un’amara realtà. Per fare un confronto, nel 2018 eravamo (mi riferisco sempre alla provincia di Caltanissetta) alla posizione numero 100; per ricchezza e consumi alla posizione numero 102; 106° per livello occupazionale e terzultima per il Pil pro capite. Ultimo posto per tasso migratorio fuori dai propri confini. Ci fermiamo qui per non dare altri numeri che ci farebbero deprimere di più.

A mio avviso, manca una proficua sinergia tra le varie istituzioni. Tutti dovremmo remare nella stessa direzione, con forza e costanza, senza steccati o polemiche, anche con entusiasmo, e non contro. Ben lungi dalla demagogia…: bisogna fare di più e meglio, tutti. Le nostre infrastrutture sono scadenti. Soprattutto nel Vallone. Si fanno forse piccoli passi di miglioramento, ma ci vuole molto di più. Una strategia lungimirante e non episodica o debole. I servizi pubblici non sempre sono all’altezza, purtroppo. Gli impianti sportivi non sempre sono funzionanti ed efficienti, il costo delle bollette dell’acqua è – saputo e risaputo – alquanto salato, con perenni e reiterati guasti, nonché gravi disagi per gli utenti. Questo bene primario andrebbe tutelato di più e meglio.

Talvolta, si registra un sonno fatuo e deleterio della ragione. Inutile negarlo. Chi dovrebbe stare sveglio, dorme. Chi ha il potere di cambiare le cose, anche nel Nisseno, purtroppo non lo esercita. Per svariate “ragioni” di convenienza, di piccolo cabotaggio. E non è giusto. Non è saggio. Non c’è un vero e proprio investimento sociale e culturale. Se non in sporadiche realtà e soggetti istituzionali. Questo poi determina un nocivo circolo vizioso, una bassa crescita economica e una diffusa frustrazione sociale.

Per tanti, pure nella provincia di Caltanissetta, si viveva meglio in passato. Tuttavia, questo significa una deludente corsa verso il basso. Anche se, a livello generale, si registra un po’ di ripresa, indubitabilmente non torneremo più alla crescita economica e al benessere del passato. Lo certifica, ad esempio, l’ultimo rapporto del Censis sulla situazione del Paese. In tanti, ormai, c’è una visione pessimistica del futuro, pieno di incognite. C’è una sostanziale inquietudine pensando al futuro. Questa condizione è più presente nei giovani. La pandemia, purtroppo, ha eroso il patrimonio delle famiglie. Si è interrotta, bruscamente, la corsa verso l’alto.

Dobbiamo imparare a sognare
Michele Bruccheri

Caltanissetta è ultima in classifica tra spopolamento ed emergenza delle infrastrutture. Da anni. Pur essendo centrale, geograficamente, la nostra provincia soffre da decenni l’isolamento. Siamo quasi sempre agli ultimi posti di tutte le classifiche disponibili. Secondo l’Istat – sono andato a cercarmi i numeri – tra il 2015 e il 2019 il nostro territorio nisseno ha perso in totale ben undicimila abitanti. Un vero e proprio paese cancellato, dunque.

Ovunque, ma soprattutto nelle nostre zone la crisi ha provocato ingenti danni. Chiusura di imprese, fallimenti, licenziamenti, una povertà sempre più diffusa… C’è paura di inciampare. Nelle scorse settimane un’altra tegola: il rialzo dei prezzi… Non bisogna essere economisti per comprendere che la situazione è grave, triste, sconfortante. Sorvolo sul fatto che la disoccupazione spesso coinvolge un numero rilevante di laureati, molto penalizzate poi le donne e i giovani. Una vera e propria dissipazione delle competenze, nella nostra terra. Direi una eclatante fragilità sociale.

Un surplus inedito – per colpa della pandemia – di difficoltà. Ma anche – per trovare qualche aspetto positivo – una bella riscoperta della solidarietà. Anche nel nostro territorio, in tanti si sono mobilitati per affrontare meglio la grave emergenza sanitaria e la crescente povertà. Ricordo con immenso piacere – su tutti – l’impegno del sacerdote Salvatore Randazzo, a Serradifalco, con la sua associazione intitolata a padre Pino Puglisi (ho visto con i miei occhi e toccato con mano direttamente). Complessivamente – bisogna dirlo senza nascondersi – ci sono piccoli segni di speranza.

Dopo l’epopea dello zolfo, croce e delizia del nostro territorio, non ci sono più state grandi iniziative. Qualcosa di sporadico, fragile, discontinuo. È mancato un forte piano di sviluppo economico. Sfruttiamo allora, al meglio, le risorse del territorio. Dobbiamo imparare a sognare. Come per tutto, la vita non esisterebbe senza i sognatori ad occhi aperti. Il sogno – che possa diventare realtà però – sia la nuova sintassi della nostra esistenza.

Il mio sogno, pandemia permettendo, è festeggiare – a marzo – come si deve i venti anni del nostro giornale. Ho in mente diversi progetti. Il sogno è un muscolo da allenare. Speriamo di incontrare di nuovo la gente, senza paure e restrizioni. Mescolare i momenti tenendoli insieme all’arte sociale dello stare insieme. Cercare di condividere i valori e scoprire la bellezza dello stare insieme. Gli incontri sono sinonimo di civiltà, avere luoghi di incontro è sempre positivo. Si getti un ponte verso la speranza, si faccia un gesto coraggioso che richiede ottimismo.

MICHELE BRUCCHERI 

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