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Tatjana Meier

Ci sono quadri che non sono soltanto un’opera d’arte e basta, ma sono un incontro. Sono pennellate del cuore e dal cuore. Tatjana Meier, pittrice di origine russa ma che abita in Germania, a Lipsia, è indubbiamente una grande artista che sa dare voce alle sue più intime emozioni. Riesce ad esprimere con eccezionale sensibilità i suoi più profondi pensieri. Con limpidezza espositiva e gradevolezza stilistica. Una pittura intensa, seducente, carica di fascino. Di una bellezza solare, talvolta malinconica.

Insegna lingue straniere: tedesco, inglese, russo e italiano. E recentemente ha portato avanti un importante progetto con le scuole. Fa parte, inoltre, dell’associazione SagArt e con gli altri artisti varano mostre e coltivano progetti culturali. Al suo attivo, ormai, ben quattordici mostre e interessanti collaborazioni. Nelle prossime settimane parteciperà ad una mostra presso il Comune di Lipsia. E tra i suoi ambiziosi progetti c’è il proposito di realizzare una serie di opere legate al celebre libro “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov.

Conosco profondamente Tatjana Meier da anni. E in questa piacevole intervista fa zampillare chiaramente la sua proverbiale delicatezza, la sua tempra lungimirante, il suo irrefrenabile ardore per l’arte pittorica. Ama svisceratamente la letteratura e per saperne di più basta leggere, adesso, questa lunga chiacchierata concessa al sito web del nostro periodico d’informazione “La Voce del Nisseno”.

Sei una pittrice, un’artista di origine russa. Quando scopri la tua passione per il pennello?

Sì, sono nata nel Sud Urali. Mio padre era militare, e così la mia famiglia si è trasferita parecchie volte. Le città cambiavano i villaggi. L’ultimo posto, dove siamo rimasti, è stato il villaggio Ilek. Qui c’è ancora la natura incontaminata, il bosco e due fiumi, Ural e Ilek, fiumi pieni di pesci. Dall’altra parte del villaggio c’è la steppa, campi di grano, con i fiori di campo, campi di girasoli, il sapore amaro di artemisia, il cielo stellato, senza limiti, che sembra di unirsi con te stessa. La vita era tranquilla, ma anche “grigia”, noiosa. Così ho cominciato a dipingere poco a poco, per dare i colori alla mia vita. Beh, più o meno avevo 13-14 anni.

Hai avuto diversi maestri. Cosa ti ha insegnato, ad esempio, Ivan Chvostov e cosa Nikolai Bojarkin?

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L’opera Drei Grazien di Tatjana Meier

Un giorno la mia vicina ha visto i miei disegni e mi ha fatto conoscere un pittore anziano: Ivan Chvostov. Ogni sabato sono andata da lui e mi ha fatto dipingere con gli acquerelli. Era molto bravo con i fiori di campo, con i colori riusciva a trasmettere non solo la forma, ma proprio l’anima del fiore. Sono stata affascinata davanti a questa bellezza tenera. Più di due anni, mi dava lezioni di disegno e di pittura. Non ha preso mai i soldi. Era felice quando gli portavo una marmellata fatta con le fragole dal nostro giardino. Diceva che un giorno magari, quando sarò famosa, sarà fiero di me. Mi ha segnato il suo modo di pensare e di agire.

E Bojarkin?

Nikolai Bojarkin l’ho conosciuto dopo, quando ho cominciato lo studio all’università di Orenburg. Era un professore all’Accademia delle Belle Arti. Mi ha fatto capire la relazione tra il colore il suo valore emozionale. Mi ha insegnato a sentire il colore con il cuore e l’anima. Queste lezioni erano particolari. C’è stata più teoria, ma mi ha fatto pensare davanti alla tela.

Successivamente, ti sei trasferita in Germania. Nel 2004 frequenti l’Accademia della Hochschule für Grafik und Buchkunst di Lipsa. Mi racconti qualcosa?

C’erano i corsi di disegno e di pittura, più acquerello che l’olio. Siamo andati spesso fuori per disegnare, dipingere all’aria aperta.

L’anno seguente aderisci ad un gruppo artistico diretto dal pittore Jakov Khesin. Cosa ti insegna questa esperienza?

Jakov Khesin, che insegnava la pittura già in Russia all’Università, ha visto subito che ero diversa dagli altri partecipanti del corso. Una volta mi ha fatto portare tutti i miei quadri nello suo studio, ha lasciato il gruppo dei partecipanti a mettersi nel circolo intorno i miei quadri e ha detto: “Guardatevi, voi imparate ancora a dipingere. Lei è già una pittrice. Ha qualcosa da dire!”. Non me l’aspettavo, ma certamente sono stata molto contenta nel sentire questo. Lui ha fatto le lezioni di composizione, di disegno, di pittura. Ha tirato da ognuno di noi il meglio, supportava nella ricerca della nostra strada individuale. Ho fatto da lui anche il corso di icone russe. Una esperienza incredibile, insegna tanta pazienza, disciplina e precisione. Per solo un’icona abbiamo avuto bisogno di otto mesi. Mi ha insegnato ad essere più attenta con i dettagli, ma ho capito anche che per me stessa ho bisogno di più la libertà emozionale di quello che dipingo.

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Klavier IV di Tatjana Meier

Nello stesso periodo prendi lezioni private intensive con l’artista Lena Injia. Quali risultati raggiungi, Tatjana?

Lena Injia è diventata una buona amica. Lei ha studiato in Caucaso, ma anche in Russia. Le sue opere sono un mondo delle favole, con colori particolari. Mi insegnava a giocare con i colori, ma anche con lo sfondo, a provare le cose, fare esperienze nuove… Insegnava a costruire il quadro come una mosaico. Mi raccontava tanto della sua vita, anche del Caucaso. Un giorno però lei ha deciso di tornare in Caucaso, perché la sua patria le mancava tanto.

A Lipsia, tuttavia, avvii una collaborazione con un artista iracheno. Cosa avete fatto?

Il pittore iracheno Hassan Haddad mi ha fatto più “adulta”, più “seria” riguardo l’arte che faccio. Mi ha insegnato a volere e a raggiungere il livello alto, non essere soddisfatta così facilmente con i risultati. Io ammiravo il suo essere professionale. Essendo un pittore grande, famoso in Germania, ma anche all’estero, veniva ogni mattina presto al suo atelier, lavorava quasi senza le pause, con la disciplina incredibile, lasciava l’atelier solo la sera tardi per tornare il giorno dopo la mattina presto. Sembrava che lui sia riuscito, ha raggiunto il livello altissimo professionalmente, ma lui non è stato mai soddisfatto con sé stesso. A volta dipingevamo insieme, a volte lui leggeva qualcosa, ascoltando la musica orientale, mentre io dipingevo. Parlavamo di letteratura, poesia, politica, le nostre culture. Mi ha fatto incuriosire sulla cultura e la storia araba. Anche a lui sono grata dal profondo del mio cuore…

Poi Tatjana?

Poi il momento è venuto quando ho sentito che non ho bisogno di un insegnate di pittura più e che tutto ciò che ho da dire da questo momento in poi posso e devo decidere SOLO IO. Ho capito che questo che ho dentro, nel mio cuore, nella mia mente, come lo esprimo io, è LA MIA LINGUA. Se troverò qualcuno che capisce questa lingua e le mie opere, allora posso essere molto contenta. E’ come trovare amici buoni che ti possono seguire nel tuo modo di pensare e di agire.

So che successivamente prendi lezioni a Roma. E’ vero? E con chi?

A Roma ho preso le lezioni da Paolo Casadei e Giorgio Cavalieri. Conoscere Paolo Casadei è stata una bella sorpresa. Non potevo credere che sia possibile lasciare la scuola di pittura classica per fare la pittura astratta, con solo le forme geometriche. Alla fine della sua vita lui ha deciso che il senso della pittura è dentro il colore in sé stesso. Mi ha dato tanti libri riguardanti la tecnica dei colori. E’ stata una bella scoperta sapere che il colore ha la velocità, che può essere addirittura misurata. Così è possibile costruire il quadro, sapendo delle diverse qualità del colore. Ho provato poi tutto questo, che ho imparato da lui, ad usare nei miei quadri. Giorgio Cavalieri mi ha fatto conoscere la tecnica classica italiana. Ma sinceramente avevamo poco tempo. Mi piacerebbe approfondire questa tecnica con lui. Magari un giorno.

Soltanto cinque anni addietro presenti le tue opere in una mostra personale in Germania. E’ così?

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L’Eneide di Tatjana Meier

Sì. La pittura è stata sempre la mia passione. Mi sono detta come bambina che raggiunti i 35 anni dovevo riuscire a fare una mostra. Se riuscirò, sarò proprio felice. E’ passato del tempo; tra il 2008 ed oggi, ho fatto già 14 mostre.

Poi, allarghi l’orizzonte e presenti le tue belle opere anche in Italia e in Inghilterra. E’ vero? A quale mostra ti senti legata di più?

E’ stata la mia prima mostra personale a Roma. Dopo la mia prima mostra a Lipsia questo è stato il mio sogno della vita. Un amico caro mi ha detto: “Se non realizzi i tuoi sogni loro diventano gialli come le foto vecchie in un cartone”. Lui mi ha organizzato questa mostra. Lui ha trasformato il mio sogno in realtà. Si chiama Marco Sammarco. Senza le persone come lui tante cose non potevano essere realizzate.

Da due anni fai parte dell’associazione artistica SagArt. Di cosa si tratta?

E’ vero. Da due anni sono un membro dell’associazione dei pittori a Lipsia. Si chiama SagArt. Tanti pittori vengono dalle ex repubbliche sovietiche, così parliamo la stessa lingua (anche in un senso grande). Facciamo le mostre insieme, i progetti culturali. Un progetto recente è stato un progetto in collaborazione con le scuole. E’stato dedicato al tema di “Fair Trade”. Gli alunni visitavano i negozi dove si comprano le cose fatte nei paesi del terzo mondo, per i prezzi più alti, per dare la possibilità ai lavoratori di ricevere i soldi che hanno guadagnato davvero. I bambini hanno imparato tanto dalle altre culture, altri paesi, hanno visitato gli atelier dei pittori, dipinto insieme con i pittori professionisti i soggetti da questi negozi. Nei mesi di settembre-ottobre 2013 facciamo le mostre con questi quadri nei posti importanti, come il municipio di Lipsia. Sono molto contenta che posso unire il mio lavoro a scuola come insegnante delle lingue straniere (tedesco, inglese, russo e italiano) e la pittura. La mia scuola è la scuola di Unesco, e lo scambio interculturale e artistico è proprio benvenuto.

Dove sono esposte le tue opere, cara Tatjana?

Le mie opere si possono vedere nell’atelier, quale si trova nel quartiere artistico di Spinnerei. Qui ci sono più di 200 atelier e tante gallerie importanti. Ogni tanto partecipo alle mostre collettive, diverse art aste ed eventi artistici particolari. Adesso sono presente alla mostra della mia associazione al centro televisivo “Media city” a Lipsia. Il prossimo 31 agosto partecipo all’asta d’arte a Pegau. E’una galleria piccola, ma famosa (Das Blaue Haus). E’ difficile essere accettata lì. I proprietari riescono bene però a vendere le opere. Il 14 settembre ci sarà la notte dell’arte a Lipsia (Nacht der Kunst). Una strada importante di Lipsia offre la possibilità alla lunghezza di sette chilometri ad esporre i quadri nei posti pubblici, come negozi, panetterie, centri sportivi, per introdurre una persona “normale” che prima non era interessata all’arte, al mondo dell’arte. Il 15 novembre partecipo all’asta di beneficenza (Tapetenwerk). La metà dei soldi andrà all’associazione Wege e V., che aiuta persone ammalate. Nei mesi di dicembre-gennaio faròla mostra al centro televisivo di MDR. Questi progetti sono fissi. Sono invitata a fare le mostre anche all’estero, ma non è fisso ancora. Vediamo.

Cosa ti piace di più dell’Italia?

Mi piace il valore alto di cultura ed educazione. L’arte moderna europea ha le sue radici nell’arte romana e greca; è molto importante imparare dagli italiani in questo senso. Mi piace la mentalità solare, sempre positiva, la disponibilità ad aiutare. Mi piace il popolo, ma mi piace anche la natura dell’Italia, i contrasti del su delle montagne e del giù del mare, i giardini vecchi di olivi, l’odore dei limoni e delle arance nell’aria; l’architettura e la storia che ha formato questa architettura. Ho tanti amici in Italia, ma anche qui a Lipsia. Solo nel gruppo di Facebook “Italiani a Lipsia” abbiamo più di 360 persone. Ogni tanto facciamo qualcosa insieme, andiamo al cinema, nei ristoranti italiani, oppure facciamo una griglia nel parco. Mi piace che gli italiani sono sempre qua, l’uno per l’altro.

Chi sono i tuoi scrittori preferiti? E tra gli italiani?

Somerset Maugham è uno scrittore per me molto importante. Ho letto quasi tutti i suoi libri. Sono cresciuta con lui. Lui ha formato il mio modo di vivere, di pensare, vedere le cose. Lui offre sempre un’altra versione dello specchio, un’altra soluzione, diversa da quella che siamo abituati, e così incoraggia a cercare per la strada personale, individuale, diversa dagli altri. Michael Bulgakov è il mio amore e la mia passione dal punto di vista letterario. Sono appena tornata da Mosca. Sono stata nella casa (Bulgakowski Dom) dove lui ha vissuto e scritto. E’stata una esperienza incredibile. Ho potuto sapere i dettagli della sua vita privata che ha trovato lo spazio in tutti i suoi libri. Più conosco e più sono affascinata dal Maestro della parola. Il suo “Maestro e Margherita” è un capolavoro della letteratura mondiale, ma anche lo specchio della nostra cultura russa, sovietica, la filosofia del momento e dell’eternità. Mi ha “toccato” essere a “Patriarschije Prudy” dove Voland e due letterati si incontrano la prima volta. Le prime righe del libro le conosco anche a memoria, e vedendo il laghetto lì, a Patriarschije Prudy, è stata una esperienza molto emozionante…

Prego, continua Tatjana…

Sto pensando di fare una serie delle opere sul “Maestro e Margherita”. Vedremo. E poi, ci sono anche altri poeti e scrittori, per me importanti: Sergej Jessenin, Anna Achmatova, Marina Zvetajeva, Leo Tolstoj, Anton Chechov… Ma anche inglesi e latinoamericani. Tra gli italiani mi piacciono Umberto Eco e Dario Fo.

Che genere di musica ascolti abitualmente?

Mi piace la musica classica, ma anche il chanson russo e francese, la musica latinoamericana. Tanti anni ho ballato in un modo intenso salsa, merengue, bachata, cha cha cha. Il fascino di questi balli l’ho provato ad esprimere anche nelle mie opere, come “Havana”, oppure “Salsa (nero)”, poi “Salsa (rosso)”, “Mongo e Natali”.

Quali sono i tuoi valori più importanti?

Sincerità, capacità di perdonare, essere aperto alle nuove esperienze, forza ed intelletto.

Credi in Dio?

Una bella domanda. La chiesa è stata vietata in Russia per 70 anni. Questo Michael Bulgakov lo dimostra nel “Maestro e Margherita”. Le chiese nel periodo sovietico hanno usato come i centri culturali per i bambini, cinema, i centri sportivi. Mio padre era un ateo pure, estremo, mia madre invece credeva con tutto il cuore, scriveva le preghiere con la mano. La mia strada l’ho trovata nel mondo scientifico, colorato con le esperienze spirituali. Inoltre sento che più grande divento di essere e più sento il necessario di credere. Se Dio non esiste bisognerebbe inventarlo. Non mi ricordo chi l’ha detto questo, ma penso che sia un pensiero giusto.

MICHELE BRUCCHERI

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