Sacajawea
Alessandra Celletti in una foto di Marco Pasqua

Sacajawea è un concept-album interessante e intrigante. È anche una storia di coraggio e di forza d’animo.

“Sacajawea a soli sedici anni, con un bambino appena nato sulle spalle, agli inizi del 1800, accompagnò la spedizione dei due capitani Lewis e Clark per cercare nuove rotte verso il Pacifico”, racconta a La Voce del Nisseno (versione online) la delicata ed empatica artista romana Alessandra Celletti.

“Ho pensato di dedicarle un concept album e raccontare in musica la sua vita – sottolinea la pianista romana -. È la storia di una spedizione pacifica, non per sottomettere o distruggere, ma soltanto per conoscere”.

In questo progetto discografico ci sono diverse collaborazioni e Alessandra Celletti menziona tutti. Brevemente, poi, ci fa conoscere le varie tracce. Ci dà qualche indicazione. Infine, ci apre un mondo (come sempre): “Domani, 1° luglio, uscirà la mia interpretazione del Primo Preludio del Clavicembalo ben temperato. Sono emozionata perché è la prima volta che propongo una mia interpretazione di Bach. Il Preludio BWV 846 è una composizione in un certo senso semplicissima, ma, sempre per citare la mia insegnante ‘più è facile e più è difficile’”.

Agli inizi di aprile, hai pubblicato un nuovo concept-album dedicato a Sacajawea. Di cosa si tratta, Alessandra?

Sacajawea
Alessandra Celletti in una foto di Marco Pasqua

Sacajawea è nei miei pensieri e nel mio cuore da quando, ormai tanti anni fa, il mio amico giornalista Pietro Lanzara al ritorno da un suo viaggio in America mi raccontò con entusiasmo la storia di questa giovane Nativa della tribù degli Shoshoni.

Raccontami…

Lui stava viaggiando in macchina e a causa di una deviazione lungo la strada si ritrovò in un villaggio proprio davanti alla tomba di Sacajawea. Incuriosito e, da bravo giornalista, cercò di saperne di più. Sacajawea a soli sedici anni, con un bambino appena nato sulle spalle, agli inizi del 1800, accompagnò la spedizione dei due capitani Lewis e Clark per cercare nuove rotte verso il Pacifico. Fu una spedizione complessa e lunga, durante la quale Sacajawea mostrò coraggio e forza d’animo.

Continua, Alessandra.

Questa ragazzina fu fondamentale per la riuscita dell’impresa tanto che oggi in America è considerata una vera eroina, simbolo dell’emancipazione delle donne. Invece qui in Italia e in Europa nessuno la conosce… così ho pensato di dedicarle un concept album e raccontare in musica la sua vita. È la storia di una spedizione pacifica, non per sottomettere o distruggere, ma soltanto per conoscere”. C’è molto da imparare leggendo i diari di questa spedizione.

Sacajawea
La copertina di Sacajawea

Una donna diventata emblema di libertà e coraggio. A che punto siamo, dal tuo punto di vista, sul fronte dei diritti delle donne?

Forse ti sembrerà una battuta ma io a questo punto mi chiederei a che punto siamo sul fronte dei diritti degli uomini.

Questo tuo nuovo lavoro discografico, come possiamo definirlo? Solitamente, è impresa ardua catalogare i tuoi progetti…

È vero: catalogare i miei lavori è un’impresa ardua e credo che ormai ci abbiano rinunciato un po’ tutti, me compresa. Mi rendo conto che da un punto di vista del cosiddetto “marketing” non è conveniente, ma ho sempre più bisogno di libertà di espressione anche se questo può confondere le idee su chi io sia realmente. Ma chi mi segue da tanti anni forse ama di me proprio questo essere “inafferabile” e senza regole. O almeno spero che sia così. In ogni caso in questo album dedicato a Sacajawea ci sono tante parti di me: la pianista “classica”, la musicista “curiosa” di sperimentare soluzioni inedite, quella attratta dal minimalismo, e la mia parte “bambina” che ama cantare. Tutto sommato che bisogno c’è di catalogare per forza tutto?

So che in questo lavoro ci sono diverse collaborazioni. Ci illustri meglio tutto?

Certo, questo mi fa molto piacere perché per me le collaborazioni sono sempre importanti e aprono spesso possibilità inaspettate. In alcuni brani c’è la batteria di Marcello Piccinini, percussionista di estrazione jazz molto attento, come me del resto, soprattutto al colore dei suoni. E poi c’è il flautista Paolo Fratini, perfettamente “classico”. Lui è flautista dell’orchestra Rai ed è stato spesso in tour con Ennio Morricone. Così sono davvero onorata della sua partecipazione. E poi Alberto Tre che, oltre ad aver collaborato all’editing e alla masterizzazione dell’album, mi ha “regalato” alcuni delicati arpeggi di chitarra e la sua voce in “Shaman Chant”.

Chi fosse interessato al tuo ultimo progetto discografico, come deve muoversi?

Sacajawea è distribuito da Believe e si può ascoltare liberamente su tutte le piattaforme di streaming: spotify, deezer apple music… ormai ce ne sono moltissime. E poi sul mio canale youtube può anche vedere alcuni video dedicati a Sacajawea. E se invece desiderasse tutto l’album in versione digitale può andare sulla mia pagina bandcamp.

Ci puoi accennare qualcosa sui singoli brani? Partiamo da “Great Spirit”.

Nella cultura dei Nativi Americani l’uomo è parte integrante di un cerchio che comprende le piante, gli animali, i minerali, la terra, il cielo, l’acqua, le stelle, la notte e il giorno, la luna e il sole. Non c’è separazione tra mondo naturale e mondo umano. L’uomo non è il Signore del Creato e il mondo non è a suo beneficio. Ogni creatura ha un eguale diritto all’esistenza e merita rispetto semplicemente perché è viva. Nonostante siano stati privati della propria terra, della propria cultura e della propria identità, i Nativi Americani sono riusciti a trasmettere la loro fede in questo modo di vivere. Hanno parlato con il cuore, ed è lì che il Grande Spirito è custodito.

Poi c’è la ninna nanna “Little Indian Child”. È così?

Tengo a questo brano in modo particolare perché è dolce ma anche misterioso. Il testo (scritto da Pietro Lanzara) racconta il parto difficile nel quale Sacajawea diede alla luce il suo primogenito, nato proprio durante il viaggio. La cosa particolare è che la ninna nanna è cantata dal bimbo mentre è ancora dentro la pancia e già vuole consolare la giovane mamma. E poi c’è un’altra ninna nanna: Pompey’s Lullaby. Il testo mi è stato donato da Jane L. Fitzpatrick, autrice e produttrice di un film intitolato “Sacajawea. The windcatcher”. Jane è una persona molto speciale che sta portando avanti questo progetto dedicato a Sacajawea con vero amore e rispetto. Mi sta anche aiutando a comprendere più profondamente il mondo dei Nativi. Sono grata a Jane per il testo che mi ha ispirato una ninna nanna molto dolce. Spero che presto potranno iniziare le riprese del suo film e che la mia musica potrà far parte della colonna sonora.

Dipaniamo la matassa degli altri pezzi…

Un altro brano che mi sta a cuore è Shaman Chant, la cui melodia è affidata alla voce profonda di Alberto Tre. Lo Sciamano sa ‘viaggiare’ nell’aldilà ed è capace di fare da mediatore tra il mondo umano e il mondo soprannaturale. È colui che “vede nel buio” e cammina tra i mondi visibili e i mondi invisibili; che può recuperare un frammento di anima persa da una persona. Lo sciamano ha a che fare non con la stregoneria, ma con l’Amore e cerca di promuovere la cooperazione tra tutte le forme di vita, al posto di manipolazione, controllo e sfruttamento. Anche noi occidentali siamo a conoscenza di questi “altri” Mondi e da bambini, a volte, riusciamo a percepirli. Ma poi i condizionamenti di una società materialistica quale è la nostra fa calare un velo. Tra i nativi americani ci sono i più grandi sciamani, così non poteva mancare in questo album dedicato a Sacajawea una musica capace di evocare il viaggio in una realtà non ordinaria.

Vai avanti, nella tua narrazione, Alessandra.

Gleams e Daydream sono due brani più “minimali” realizzati con pianoforte, chitarra e qualche suggestione elettronica. In Bird Woman racconto la guarigione di Sacajawea e la sua ricerca di libertà. Ho da sempre una passione per il volo e quando ho scoperto che il soprannome di Sacajawea era proprio “donna uccello” questo me l’ha resa ancora più vicina. Il suo desiderio di libertà è anche il mio; e anche la sua gioia di vivere.

A completare questa narrazione sonora e canora c’è “Prayer”. Una sorta di preghiera, vero?!

A volte suonare e cantare sono un modo di pregare. La musica, così come la preghiera, evoca la luce. In Prayer ho immaginato il pensiero amoroso e costante di Sacajawea verso il suo popolo.

Sacajawea
Cover Preludio BWV846

Alessandra, so che hai avvertito l’urgenza di tornare al grande Bach. Come mai?

Bach è il punto riferimento, è il centro a cui un musicista sempre può tornare per ritrovare equilibrio e profondità. Ne sentivo il bisogno.

Le radici della musica moderna affondano lì, vero?

La mia amata insegnante Vera Gobbi Belcredi mi diceva sempre “Bach è il nonno”. Era divertente questa sua frase, ma al tempo stesso molto chiara. Bach non è semplicemente “moderno”, Bach è eterno.

Il prossimo primo luglio (domani, ndr) è una data importante: perché?

Il 1° luglio uscirà la mia interpretazione del Primo Preludio del Clavicembalo ben temperato. Sono emozionata perché è la prima volta che propongo una mia interpretazione di Bach. Il Preludio BWV 846 è una composizione in un certo senso semplicissima, ma, sempre per citare la mia insegnante “più è facile e più è difficile”. Ho cercato di trovare un “colore” e un buon equilibrio dinamico.

Infine, quale messaggio consegni ai lettori de “La Voce del Nisseno” che ti segue da sempre?

Cercare di scoprire sempre il lato bello di ogni cosa e ripartire sempre da lì…

MICHELE BRUCCHERI

Per saperne di più:

Il link della pagina spotify dove ascoltare Sacajawea: https://open.spotify.com/album/3Sf6BWAoVQPXRSEWr687kc?si=tDI4_dmwSVmpldhDo-s5yQ

Il link dove pre-salvare il brano di Bach: https://show.co/SiD2rDb

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