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Rosalia Messina

“Nulla d’importante tranne i sogni” (Arkadia Editore, Collana Eclypse) segna il ritorno in libreria della scrittrice Rosalia Messina e, come già la critica di settore ha riscontrato, può essere considerato il libro della maturità dell’autrice.

Al centro di queste pagine troviamo il rapporto tra due sorelle e la passione totalizzante della protagonista per la scrittura, ma anche la Sicilia, che svolge un ruolo tutt’altro che marginale.

Rosalia, da quale punto di osservazione sull’umanità e sulle dinamiche familiari nasce questa storia?

Come tutte le storie che invento, anche “Nulla d’importante tranne i sogni” nasce dalla mia attitudine a osservare ciò che mi accade intorno, i fatti minuti di cui è intessuto il quotidiano e che sfuggono a chi non è portato a immaginare i retroscena di un dialogo colto al volo, di un episodio curioso nel quale ci si imbatte per caso.

Continua…

L’attenzione scevra da pregiudizi nei confronti della realtà che scorre sotto i nostri occhi ci rivela che la narrazione tradizionale della famiglia ‒ ne parlavo proprio stamattina con un’amica psichiatra davanti agli scaffali di un supermercato ‒ è falsissima. Conflitti sopiti che da un momento all’altro possono esplodere e sfociare in violenza, equilibri che si reggono sulla rinuncia alle proprie aspirazioni da parte di uno dei componenti o sul senso di colpa e causare malattia del corpo o della mente: non sono, queste, rarità da cronaca nera o fantasie di scrittori. In tutti i romanzi che ho scritto, affetti, difficoltà di comunicare e malessere costituiscono grovigli spesso inestricabili.

La sicilitudine – come le piace chiamarla –  con i profumi, i colori, i sapori, la parlata, il paesaggio, ha un largo spazio in tutte le pagine del romanzo. Ha voluto in qualche modo omaggiare la sua terra d’origine?

La Sicilia è la terra che conosco meglio. Ci sono nata e ho abitato lì per la maggior parte della mia vita. La trovo meravigliosa e terribile, affascinante e spaventosa: è la Sicilia di Tomasi di Lampedusa, con i suoi eccessi nel clima, nel paesaggio e nel temperamento dei suoi abitanti. I miei personaggi non possono che essere siciliani nei pregi e nei difetti, sopra le righe sempre.

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Il libro

Da scrittrice e da lettrice, cosa pensa del ricorso al dialetto nei dialoghi?

Un pizzico di dialetto, secondo me, rende i dialoghi più veri. Un eccesso può stancare e rendere difficile la comprensione. Spostarsi dalla narrazione alla traduzione in nota stanca il lettore, lo distoglie dal filo degli eventi raccontati, lo fa uscire dall’atmosfera della storia.

Tra i grandi scrittori contemporanei e non siciliani, chi a suo parere dimostra una particolare vitalità destinata a non tramontare?

Domanda alla quale non so rispondere, davvero. Si pubblicano, a quanto leggo, circa ottantamila titoli l’anno, in Italia. Pur essendo una lettrice bulimica, scopro sempre opere che mi sono sfuggite, che non soltanto non ho letto, ma di cui neppure ricordo di aver sentito parlare. Annoto titoli che mi piacerebbe leggere, trovandone il tempo, e mi ritrovo con liste chilometriche. In una situazione del genere, fare prognosi sul tempo di sopravvivenza degli autori non mi riesce.

In chiusura, una curiosità… Da qualche settimana cura una rubrica televisiva dal titolo “Una tisana, un libro” su Canale Europa Tv. Come sceglie le opere di cui parlare e chi o che cosa influenza la sua decisione di leggere un libro?

Deve trattarsi di libri che mi sono piaciuti e che devono anche prestarsi a essere raccontati nel brevissimo tempo che occorre a sorseggiare una tisana. Quindi si tratta di romanzi con un tema predominante di facile individuazione; sintetizzare il contenuto di trame molto complesse con tematiche plurime può essere fuorviante.

LISA BERNARDINI

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