Una sintesi – che non ha pretese di esaustività – delle novità introdotte dalla riforma che cambierà l’efficienza del processo e della giustizia penale, in vista della piena attuazione dei principi costituzionali, convenzionali e dell’Unione Europea.
È slittata al 30 dicembre 2022, per l’assenza di norme transitorie, l’entrata in vigore del decreto legislativo 10/10/2022 n. 150, di attuazione della legge 27/09/2021 n. 134. La Riforma si pone come un significativo intervento sul sistema giustizia, che muove dall’obiettivo di ottenere entro il 2026 una riduzione del 25% della durata media del processo penale nei tre gradi di giudizio e che attraversa l’intero processo penale dalle indagini preliminari fino all’esecuzione penale.
Salvo l’approvazione di emendamenti, il testo attuale della Riforma Cartabia, nell’ottica di favorire la transizione digitale del processo penale prevede l’adozione di documenti informatici, secondo la definizione di documento informatico e analogico e le regole di passaggio dall’uno all’altro contenute nel C.A.D. (d.lgs.82/2005), con la previsione dell’obbligatorietà del deposito telematico degli atti con modalità tecniche che assicurino certezza dell’avvenuta trasmissione e ricezione, dell’identità del mittente e del destinatario, nonché con la conversione in copia informatica dei documenti depositati in forma analogica.
La Riforma interviene sulla notitia criminis al fine di introdurre, in armonia con i principi della CEDU e della Carta Costituzionale, delle forme di controllo sulle indagini preliminari e sul momento della iscrizione della notizia di reato per evitare l’iscrizione di notizie generiche o di persone raggiunte da meri sospetti. A tale riguardo, in particolare, va rilevato che il più generale diritto alla conoscenza attiva di indagini a proprio carico dovrebbe essere inteso in senso funzionale al diritto di difesa ed al diritto di essere informato in termini brevi circa la natura ed i motivi dell’accusa, coerentemente con l’art. 6 par. 3, lett. a) CEDU e art. 14 n. 3 lett. a) del patto internazionale sui diritti civili e politici, così come in ambito nazionale debba valere l’art. 111, co. 3, Cost., anche al fine di assicurare “le esigenze di garanzia, certezza e uniformità delle iscrizioni” nel corretto allineamento con l’art. 1 lett. b) d. lgs. 1° luglio 2014 n. 101, recante attuazione della Direttiva 2012/13/UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, con specifico richiamo al considerando 28.
In relazione all’art. 405 c.p.p. è previsto che gli uffici del Pubblico Ministero individuino dei criteri al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza. In merito all’archiviazione è previsto che il Pubblico Ministero chieda l’archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentono una ragionevole previsione di condanna. Sulla riapertura delle indagini, la riforma ha previsto che la richiesta di riapertura delle indagini è respinta quando non è ragionevolmente prevedibile la individuazione di nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare l’esercizio dell’azione penale.
La vera novità è l’introduzione dell’udienza filtro relativamente a quei procedimenti nei quali il Pubblico Ministero cita direttamente in giudizio l’imputato. Si tratta di una udienza predibattimentale, davanti a un giudice diverso da quello del dibattimento, che opera un vaglio preliminare circa la fondatezza e la completezza dell’azione penale e dovrà pronunciare sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna.
All’udienza di comparizione predibattimentale, in caso di regolarità delle notificazioni, se l’imputato non è presente e non ricorrono i presupposti di cui all’articolo 420 ter il giudice procede ai sensi dell’articolo 420 bis, ovvero in assenza dell’imputato. In caso di giudizio in assenza, l’imputato è restituito nel termine per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto se prova che si è trovato nell’assoluta impossibilità di comparire in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto e se, nei casi previsti dai commi 2 e 3 dell’articolo 420 bis, fornisce la prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto intervenire senza sua colpa.
In caso di regolarità delle notificazioni, l’imputato appellante non presente all’udienza è sempre giudicato in assenza anche fuori dei casi di cui all’articolo 420 bis; se l’imputato non appellante non è presente all’udienza, la Corte dispone, con ordinanza, la sospensione del processo e ordina le ricerche dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione.
La Riforma Cartabia prevede che, quando non sono soddisfatte le condizioni per procedere in assenza dell’imputato, il giudice pronunci sentenza inappellabile di non doversi procedere; prevedere che, fino alla scadenza del doppio dei termini stabiliti dall’articolo 157 del codice penale, si continui ogni più idonea ricerca della persona nei cui confronti è stata pronunciata la sentenza di non doversi procedere, al fine di renderla edotta della sentenza, del fatto che il procedimento penale sarà riaperto e dell’obbligo di eleggere o dichiarare un domicilio ai fini delle notificazioni.
In tema di procedibilità, il decreto legislativo riscrive l’art. 152 c.p. con riferimento alle ipotesi di remissione tacita della querela, che ricorre quando il querelante, senza giustificato motivo, non compare all’udienza, quando ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo…”). Vengono introdotte anche delle disposizioni transitorie in materia di modifica della procedibilità che in realtà mirano esclusivamente a disciplinare i termini concessi alla persona offesa di integrare le dichiarazioni già rese, o di presentare la querela in ordine alle fattispecie per le quali è mutato il regime di procedibilità.
I reati procedibili a querela. Divengono procedibili a querela, ad esclusione delle ipotesi nelle quali ricorrono delle aggravanti, o che il fatto sia commesso in danno di persona incapace per infermità o per età, il delitto di lesioni (art. 582 c.p.), le lesioni stradali (art. 590 bis comma 1 c.p.), il sequestro di persona nell’ipotesi prevista dall’art. 605 comma 1 c.p., il delitto di violenza privata (art. 610 c.p.), la minaccia (art. 612 c.p.), il delitto di violazione di domicilio (art. 614 c.p.), il furto aggravato (art. 624 c.p.), il delitto di danneggiamento (art. 635 comma 1 c.p.); il delitto di truffa (art. 640 comma 1 c.p.), il delitto di frode informatica (art. 640 ter c.p.). Viene inoltre prevista la procedibilità a querela per una serie di contravvenzioni: disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 comma 1 c.p.) e molestie (art. 660 c.p.) salvo che il fatto sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità. Rimane procedibile d’ufficio il danneggiamento aggravato (art. 635 c.p.).
La procedibilità a querela e gli effetti sulle misure cautelati in corso. Questa rinnovata procedibilità avrà conseguenze sui procedimenti pendenti e sulle eventuali misure cautelari disposte per reati già procedibili d’ufficio, nei quali la persona offesa non ha mai espresso alcuna volontà querelatoria, reati che dopo la riforma sono divenuti procedibili a querela. Se non vi è querela, la misura cautelare adottata perde efficacia, salvo che la persona offesa non la presenti entro i termini.
La Riforma introduce lo strumento della giustizia riparativa, espressione con la quale si intende ogni programma che consente alla vittima, all’autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore. L’Esito riparativo è dato da qualunque accordo, risultante dal programma di giustizia riparativa, volto alla riparazione dell’offesa e idoneo a rappresentare l’avvenuto riconoscimento reciproco e la possibilità di ricostruire la relazione tra i partecipanti. La giustizia riparativa trova spazio finalmente nella riforma Cartabia una disciplina organica. Questo significa che il nostro ordinamento conosce delle forme di riparazione del danno causato da reato, in contrapposizione alle forme di giustizia punitiva. La giustizia riparativa consente all’autore del reato e alla vittima, se entrambi lo consentono, di partecipare alla risoluzione dei motivi di contrasto con l’obiettivo di raggiungere un esito risolutivo, con un risarcimento o una riparazione del danno e con l’esito finale della ricomposizione del conflitto.
I riti alternativi al processo classico subiscono un intervento che mira a favorire il ricorso a rimedi deflattivi del processo. Nel caso di ricorso alla definizione con rito abbreviato, la riforma Cartabia prevede che la pena inflitta si riduca di un sesto nel caso di mancata proposizione di impugnazione da parte dell’imputato. Nel caso di patteggiamento di una pena detentiva che superi i due anni, l’accordo può estendersi alle pene accessorie e alla loro durata. La messa alla prova è estesa ai delitti per i quali è prevista una pena massima di sei anni.
Il sistema sanzionatorio. È prevista una riforma organica delle “sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi” espressive del generale sfavore dell’ordinamento verso l’esecuzione di pene detentive di breve durata. Quando la pena detentiva ha una breve durata, rieducare e risocializzare il condannato – come impone l’articolo 27 della Costituzione – è obiettivo che può raggiungersi con maggiori probabilità attraverso pene diverse da quella carceraria che, eseguendosi nella comunità delle persone libere, escludono o riducono l’effetto desocializzante della detenzione negli istituti di pena, relegando questa al ruolo di extrema ratio.
Non si parlerà più di sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, ma di pene sostitutive delle pene detentive brevi. Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna o ai sensi dell’art. 444 c.p.p., quando ritiene di dover determinare la durata della pena detentiva entro il limite di quattro anni, potrà sostituire la pena detentiva con una pena sostituiva in relazione alla durata della pena. Vengono soppressi i riferimenti alla semidetenzione e alla libertà controllata. Vengono introdotte quali pene sostitutive la semilibertà, la detenzione domiciliare, sostitutive della pena detentiva inflitta in misura non superiore a quattro anni, il lavoro di pubblica utilità, sostitutivo della pena detentiva inflitta in misura non superiore a tre anni; la pena pecuniaria, sostitutiva della pena detentiva inflitta in misura non superiore a un anno. Con il decreto penale di condanna, il giudice, su richiesta dell’indagato o del condannato, può sostituire la pena detentiva determinata entro il limite di un anno, oltre che con la pena pecuniaria, con il lavoro di pubblica utilità.
In qualsiasi fase dell’esecuzione, i condannati e gli internati possono accedere, previa adeguata informazione e su base volontaria, anche su iniziativa dell’autorità giudiziaria, ai programmi di giustizia riparativa. La partecipazione al programma di giustizia riparativa e l’esito riparativo sono valutati ai fini dell’assegnazione al lavoro all’esterno, della concessione dei permessi premio e delle misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, nonché della liberazione condizionale.
Si registra un cambio di rotta sulla esecuzione delle pene pecuniarie, con l’obiettivo di renderle effettive, non un credito che lo Stato deve riscuotere, ma come una pena vera e propria che, al pari di quelle detentive, deve essere eseguita attraverso un ordine di esecuzione emesso dal Pubblico Ministero. Nel caso di mancato pagamento entro il termine di 90 giorni, il Pubblico Ministero trasmetterà gli atti al Magistrato di Sorveglianza, il quale disponendo opportune indagini attraverso gli organi finanziari o di polizia giudiziaria, accerterà le condizioni di insolvenza ovvero di insolvibilità del condannato, ovvero di mancato pagamento colpevole che comporterà la conversione della pena pecuniaria in semilibertà sostitutiva. Nel caso, invece, di insolvibilità, vale a dire di mancato pagamento incolpevole, il Magistrato di Sorveglianza opererà la conversione della pena pecuniaria nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo oppure nella detenzione domiciliare sostitutiva.
Il diritto all’oblio. La legge n. 134/2021 ha previsto il diritto alla deindicizzazione in capo a tutte le persone indagate o imputate, assolte nel processo penale, o nei confronti delle quali è stato emesso un decreto di archiviazione e una sentenza di non luogo a procedere. La Riforma Cartabia ha recepito un’esigenza normativa di ultima generazione in applicazione dei principi normativi dell’Unione europea. Garantirà il diritto all’oblio mediante un procedimento che consentirà l’emissione di un provvedimento di deindicizzazione delle notizie.
MARIA PIA GALANTE
(Avvocato)
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