pavese
L'avvocato Leonardo Costa

“E Cesare perduto nella pioggia sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina, e rimane lì a bagnarsi ancora un po’…”. Chissà quante volte ascoltando la celebre Alice di Francesco De Gregori ci siamo chiesti chi fosse questo povero Cesare che restava ore ed ore sotto la pioggia ad aspettare una ballerina di cui si era innamorato, evidentemente non ricambiato. E chissà se ci siamo resi conto che si trattava niente di meno che dello scrittore Cesare Pavese, uno degli intellettuali più importanti ed amati del ‘900 italiano, autore di opere come “La luna e i falò”, “Il compagno”, “Paesi tuoi”, “La casa in collina”, solo per citarne alcune.

cesare pavese
L’avvocato Leonardo Costa

Nato nel 1908 in un paesino delle Langhe, si trasferisce a Torino dove si laurea in Lettere nel 1932. Il suo pensiero politico antifascista gli provoca diversi problemi con il regime tanto che nel 1935 viene arrestato e inviato al confino in Calabria. Inizia a scrivere poesie e a collaborare con la casa editrice Einaudi, che nel 1942 lo assume stabilmente. I suoi romanzi ottengono grande successo di pubblico e di critica, tanto che nel 1950 vince il Premio Strega per La bella estate. Purtroppo il 27 agosto di quello stesso anno, a soli 42 anni, decide di mettere fine alla sua vita suicidandosi in una camera di un albergo di Torino, forse per una delusione amorosa o forse perché la sua profonda sensibilità aveva ormai raggiunto un punto di non ritorno, rendendolo disinteressato alla realtà e a tutto quanto gli accadeva intorno.

Le sue opere sono intrise da una forte nostalgia per il periodo della sua infanzia, vissuta nelle Langhe, a contatto con il mondo contadino e con la natura. Pavese era attratto dai riti campestri, dalle forze irrazionali che scaturivano dalla terra e che regolavano il tempo e il mondo. Nei suoi scritti capita sovente di leggere descrizioni minuziose e malinconiche di avvenimenti lontani, che hanno avuto come teatro le amate Langhe. Nei suoi primi racconti si nota chiaramente l’influenza verghiana nelle descrizioni della vita contadina, caratterizzate da un forte realismo e dall’uso di dialoghi fra i protagonisti, spesso anche in dialetto.

Nei romanzi questa visione del mondo contadino si accompagna a storie di solitudine e di disagio sociale. Sovente i protagonisti dei suoi romanzi sono persone sole, disilluse, sconfitte dalla vita, che vanno alla ricerca di un luogo dove estraniarsi dal mondo circostante per cercare un nuovo punto di equilibrio, spesso trovato a contatto con la natura, che diventa un vero e proprio rifugio. Non di rado questo ritorno alla natura è accompagnato dal ricordo di un tempo ormai passato, tra luoghi mitizzati e amicizie ormai perdute, con un richiamo concreto alla realtà storica di quel periodo. La problematica esistenziale diventa il filo conduttore dei suoi ultimi romanzi, dove è più evidente il disagio e la disillusione dei protagonisti, alla disperata ricerca di una via di fuga dalla realtà. Il contrasto tra l’adolescenza, vissuta come età di spensieratezza, e l’età adulta, portatrice di una serie di doveri e obblighi nei confronti della società, viene vissuto dall’autore con un forte disagio a causa del suo “male di vivere”, più volte confessato dallo stesso Pavese.

Il manifesto della sua poetica si può riscontrare nel suo ultimo romanzo, “La luna e i falò”, che può considerarsi come il suo testamento morale. Si tratta di un romanzo che presenta diversi elementi autobiografici. Anguilla, il protagonista, dopo aver vissuto diversi anni in America, spinto dalla nostalgia per la sua terra natia, decide di tornare nel paese ove era nato, sulle colline piemontesi. Il racconto si snoda tra presente e passato, tra ricordi e racconti del protagonista e del suo vecchio amico Nuto, un falegname che incarna la memoria storica del paese. Si scopre così che Anguilla, abbandonato dalla madre davanti al Duomo di Alba, è stato adottato da una famiglia povera. Dopo il racconto delle varie vicissitudini dell’adolescenza del protagonista, fra difficoltà economiche e duro lavoro, si torna al presente, non senza aver narrato anche episodi della guerra partigiana e delle conseguenze su alcuni protagonisti del racconto.

Infine, Anguilla, deluso e disilluso per non aver ritrovato in quei luoghi quello che cercava, decide di ripartire dal paese e di non farvi mai più ritorno. I falò del titolo del romanzo, che venivano accesi d’estate nelle campagne dai contadini, vengono ora sostituiti dai falò della guerra, simboli di distruzione e di violenza, facendo così irrompere in un momento di nostalgica riflessione e di memoria, la cruda realtà fatta di disperazione e di orrore, di lutti e di tragedie.

LEONARDO COSTA

(Avvocato)

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