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Francesco Dacquì

Caro direttore Bruccheri,

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Gioachino Divita

apprendo solo adesso, tramite lettura dell’articolo dedicato su La Voce del Nisseno, della scomparsa di Gioachino Divita.

Una scomparsa che mi turba e mi scuote, nonostante non ci vedessimo da anni ormai, a causa delle mie poche comparsate a Serradifalco, paese che lui nel corso degli anni ha saputo raccontare splendidamente e meravigliosamente attraverso i suoi scatti fotografici. Proprio sul suo sito fotografico, nella parte dedicata alla sua biografia, Gioachino racconta (uso il presente perché ancora fatico a realizzare) come sia nata la sua passione per la fotografia e come essa lo abbia accompagnato nel corso degli anni, specificando, tra l’altro, che mai ha rappresentato per lui un lavoro.

A questo particolare lego il momento che più mi ricorda lui, ovvero quando, da bambino, vedendolo alle prese con una macchina fotografica, come ormai penso tutta la comunità di Serradifalco, e non, se lo ricordi e lo associ, gli chiesi se lo facesse per lavoro e se avesse un suo studio fotografico. La sua risposta fu un no categorico e, contraddistinto dalla sua solita allegria e dal suo indimenticabile sorriso, aggiunse in dialetto una frase sintetica ma che al tempo stesso credo rappresenti nel modo migliore il suo legame con la fotografia, ovvero “lu fazzu pirchì mi piaci”.

I suoi affetti più cari lo stanno salutando anche con una foto che lo ritrae insieme ad altri due compianti protagonisti storici di Serradifalco: Peppe Divita e Pietro Montante. Ecco, adesso li immagino tutti e tre insieme lassù, a scambiarsi risate e sorrisi, con gli aneddoti divertenti di Pietro e l’immancabile macchina fotografica di Gioachino.

Ciao Gioachino, continua ancora a fotografare come hai sempre fatto perché, come dicevi tu “mi fa comunicare in modo diverso con le persone, perché mi spinge alla ricerca e alla sperimentazione, perché appaga la mia curiosità, perché mi fa emozionare, perché mi libera la fantasia e perché infine, mi fa vedere e rivedere il mondo da un’altra ottica”, ma soprattutto, aggiungo io, perché “ti piaci”.

Con grande senso di tristezza,

 Francesco Dacquì

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