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Salvatore Galletti (autoritratto)

Si è spento all’età di 87 anni lo storico Salvatore Galletti. Tutta la sua esistenza è stata dedicata alla cultura. Con slancio, con entusiasmo, con passione. Ad officiare il rito funebre l’arciprete Giovanni Galante.

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Lo storico Salvatore Galletti

La messa è stata concelebrata dal sacerdote Filippo Bonasera. L’imponente chiesa Madre era gremita, a testimonianza dell’enorme affetto e della grande stima per la “voce” narrante del passato di Serradifalco. L’intera comunità si è stretta attorno alla famiglia del brillante intellettuale che con le sue numerose pubblicazioni ha raccontato il paese. Amava ripetere: “Bisogna conoscere il passato per apprezzare il presente”.

In prima fila la moglie Angela, le figlie Clara, Daniela, Floriana e Maria Josè, i generi e i nipoti, parenti ed amici. Per dare l’estremo saluto ad una figura illustre della cultura nissena. Salvatore Galletti lascia un ricordo che diventa storia. I suoi libri, infatti, narrano le radici, l’identità, la storia di Serradifalco.

E non a caso erano presenti il sindaco Giuseppe Maria Dacquì, il presidente della Banca di Credito Cooperativo del Nisseno, Giuseppe Di Forti, e Pasquale Vaccari che ha letto la prima lettura e il salmo responsoriale. L’istituto creditizio, negli anni, credendo nel forte progetto varato dallo storico serradifalchese, nativo di San Cataldo, ha finanziato le sue pubblicazioni. Un impegno di promozione sociale e culturale. Un patrimonio di grande valore.

Nella bella e vibrante omelia dell’arciprete Galante, che ne ha tratteggiato un impeccabile profilo umano e culturale, è stato asserito che “il professor Galletti appartiene a tutti”. Una figura che va al di là, “la sua memoria appartiene a Serradifalco”.

Un uomo di cultura fiero e indipendente, appassionato e coinvolto, un attivo protagonista nella comunità. Copiosa e prodigiosa la sua produzione letteraria e saggistica. Oltre ad essere autore di libri di costume e di storia locale, fu un raffinato pittore e un sensibile poeta. Un intellettuale poliedrico, sempre lucido mentalmente, spigoloso e sanguigno.

I suoi sono volumi di vita e di cultura serradifalchese. Rappresentano un prezioso contributo per la crescita del paese. Era orgoglioso di Serradifalco che amava visceralmente. Con rigore, arguzia e competenza ha illustrato la terra nella quale viveva. Un impegno ammirevole, fatto di serie ricerche e con perspicacia. “Abbiamo un debito di riconoscenza verso di lui, del suo lavoro”, ha concluso l’arciprete.

Storico di acuta sensibilità, nel 1984 aveva fondato la collana intitolata “Vita e Cultura serradifalchese”. Tutti i suoi volumi sono stati stampati con il prezioso contributo della Banca di Credito Cooperativo del Nisseno. Su tutti, citiamo “Aneddoti popolari”, “Surfaru e Surfarara”, “Federico Polizzi”, “Dal baronaggio alla cassa rurale”, “La serra del falco”, “Chiese e santi nella storia di Serradifalco” e “Ragguagli sul Comune di Serradifalco –  L’Ottocento”.

Un lustro addietro aveva pubblicato, inoltre, un libro di notevole spessore narrativo dal titolo “Oliveri e altri racconti”. Sedici storie dipanate in appena settanta pagine. Scritte, come sempre, con brio ed eleganza.

Racconti che sono semplicemente, come sta scritto nero su bianco nell’ultima di copertina, “diari, brandelli di ricordi, ombre di sogni fugaci della giovinezza che ci accompagnano sino all’ultimo giorno”. Dopo un mio profilo su di lui pubblicato nel supplemento monografico “Ritratti serradifalchesi” (primo volume), scrissi una recensione su quel minuscolo ed interessante libro di racconti apparso nelle colonne del nostro periodico d’informazione.

Un modo sobrio, chiaro ed inequivocabile della profonda stima, nonché dell’eterna gratitudine, ad un grande e valido uomo di cultura. L’avevo anche intervistato, in passato, assieme all’avvocato Giacomo Giambra (presidente della Bccn pro tempore) e al docente universitario Nicolò Mineo.

Mi piace concludere con un aneddoto di cui sono stato testimone diretto. Al termine del suo funerale, un genitore sensibile ed originale racconta al cronista che ha portato la propria figlia, nemmeno adolescente, sul sagrato della chiesa per un saluto ad un uomo che non ha conosciuto ma che grazie alla sua produzione saggistica imparerà di più a conoscere il paese nel quale vive. Un complimento davvero bello e commovente.

MICHELE BRUCCHERI 

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