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Pasquale Petix

È passato un anno dall’inizio della guerra di aggressione della Russia all’Ucraina. Dati Onu dicono che sino a gennaio 2023 sono stati uccisi settemila civili e undicimila sono stati feriti e che l’esercito russo ha compiuto atrocità di massa contro la popolazione ucraina.

Otto milioni di ucraini hanno abbandonato il Paese: una persona su cinque è fuggita. Senza parlare delle anime sfregiate per sempre. Non è possibile dire con certezza quanti militari hanno perso la vita, si parla di 100mila vittime tra i russi ed altri 100mila tra gli ucraini. E poi anche la verità è da considerare tra le vittime della guerra.

All’inizio delle ostilità ci siamo sentiti smarriti, confusi e impotenti. La guerra era arrivata il 24 febbraio del 2022 sui nostri schermi, sulle pagine dei giornali, ha animato i discorsi fatti con familiari e amici. Poi, a poco a poco, ci siamo abituati alla guerra, in un certo senso l’abbiamo zittita, allontanata dai nostri pensieri. Con le guerre prolungate il problema è che l’attenzione dell’opinione pubblica tende a scemare.

Senza dire che “le sanzioni sono una guerra senza vittime dirette, ma presentano un prezzo da pagare per tutti”. Fatto sta che, dopo un anno, il pericolo è cresciuto per tutti. Quando si parla di escalation si vuole dire che siamo dinanzi ad una progressiva intensificazione dello sforzo militare ed economico di tutti i soggetti principali (Russia, Ucraina, Nato, UE, Usa). Significa che la terza guerra mondiale non è solo una probabilità lontana ma un evento possibile e che può sconvolgere le nostre vite, qui e ora.

Le azioni occidentali hanno ridimensionato l’economia russa, indebolito il suo esercito e reso il Paese ancora più dipendente dalla Cina che ha venduto le proprie armi a Putin, a prezzo di favore. Ma, come dicono molti analisti, Putin potrebbe essere costretto a usare le armi nucleari tattiche perché, prima o poi, si troverà a corto di armi tradizionali distruttive. E se questo accade la Nato entrerà nel conflitto direttamente per cui l’inferno si materializzerà dinanzi agli occhi di noi tutti. A fronte di tutto ciò le minoranze attive che parlano di Pace e di uno sforzo diplomatico straordinario e produttivo, vengono bistrattate, considerate anime belle, quasi vicine al dittatore russo. Ora è arrivata la proposta cinese di cessare il fuoco e smettere con i combattimenti avviando i colloqui di Pace.

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La Speranza della Pace

In tempi di guerra è facile – scrive A. Ruggeri – che ci sia una “esasperazione delle posizioni, o sei nemico o sei amico, e l’incertezza della guerra porta alla (falsa) certezza dell’identità. Chi esercita il dubbio come metodo scientifico – ma anche come caposaldo del pensiero democratico liberale – rischia di essere additato come avversario. Chi vorrebbe ragionare rischia di rinchiudersi nel silenzio e chi sragiona non si pone alcun problema”.

Allora a fronte di una guerra che non può essere vinta da Putin ma che non può nemmeno restituire i territori invasi all’Ucraina, che si deve fare? Tutto inviterebbe a lavorare per ottenere la sospensione totale dei combattimenti, aprire delle trattative serie per ottenere una Pace giusta, sensata, onorevole.

Ora è arrivata la proposta cinese di cessare il fuoco e smettere con i combattimenti avviando contestualmente i colloqui di Pace. Ma?!

Einstein si chiedeva perché “l’uomo ha entro di sé il piacere di odiare e di distruggere” e domandò a Freud se “vi è una possibilità di dirigere l’evoluzione psichica degli uomini in modo che diventino capaci di resistere alle psicosi dell’odio e della distruzione?”. Stiamo ancora cercando la risposta per tentare di salvarci dall’idiozia della guerra.

PASQUALE PETIX   

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