Cga

Quando la verità non fa notizia: precisazioni sulla vicenda del terreno privato a Sutera. In merito all’articolo recentemente pubblicato da “La Voce del Nisseno”, dal titolo “La strada torna ai cittadini: Cga Sicilia dà ragione al Comune di Sutera”, sento il dovere e il diritto di fare chiarezza, poiché quanto riportato presenta diverse imprecisioni, omissioni e, soprattutto, una visione parziale e distorta dei fatti.

La sentenza del Cga: cosa dice davvero. Il titolo dell’articolo lascia intendere che la vicenda sia definitivamente conclusa. In realtà, la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa non dispone né il ripristino di una servitù, né l’obbligo di rendere accessibile il terreno privato oggetto della controversia. Al contrario, chiarisce che l’eventuale esistenza di servitù o diritti di passaggio deve essere accertata in sede civile, dinanzi al giudice ordinario, organo competente per esprimersi nel merito.

Va evidenziato, inoltre, che la sentenza del Cga si limita a confermare quanto già espresso dal Tar, ovvero la legittimità formale degli atti amministrativi impugnati, senza però entrare nel merito sostanziale dell’esistenza di un diritto di servitù. È infatti solo nella fase civile che sarà possibile contestare tale preteso diritto, chiedendo che ne venga escluso definitivamente il riconoscimento.

Un procedimento anomalo sin dall’inizio. La gestione amministrativa della vicenda è stata, fin dall’inizio, segnata da gravi incongruenze. Le ordinanze emesse non sono tre, come erroneamente riportato nell’articolo in questione, ma quattro: tre sono state regolarmente impugnate, mentre una quarta risulta ancora aperta. Ordinanze diverse nei contenuti, contraddittorie tra loro, ma accomunate da un unico obiettivo, garantire un accesso comodo verso l’abitazione dell’allora sindaco e dei suoi familiari, attraverso un terreno privato.

Le dichiarazioni trasmesse agli organi amministrativi, e valutate da Tar e Cga, contenevano affermazioni secondo cui il terreno sarebbe l’unico accesso al quartiere Mintina e che oltre il 50% della popolazione lo utilizzerebbe. Tali affermazioni sono prive di riscontro concreto e risultano smentite dalle relazioni tecniche e dalle indagini dei carabinieri svolte nell’ambito del procedimento penale, le quali confermano l’inidoneità del terreno sia sotto il profilo viario che sotto quello della sicurezza.

Infatti, quel terreno non ha mai avuto funzione pubblica, né è mai stato strutturato per consentire alcun tipo di transito. Le sue condizioni, sconnesse, prive di manutenzione, segnaletica, illuminazione o sistemi di protezione, lo rendono del tutto inadeguato sia al traffico veicolare che al semplice passaggio pedonale, esponendo chi vi accede a rischi concreti. Rischi che non si esauriscono sul piano oggettivo, ma che si estendono a una sfera di responsabilità giuridica e istituzionale, che chiama in causa direttamente l’Amministrazione comunale.

È quindi del tutto inconcepibile che, in assenza dei minimi requisiti strutturali e normativi, si possa anche solo ipotizzare di autorizzare l’attraversamento di un terreno privo delle condizioni basilari per garantire sicurezza e legalità.

Inoltre, è importante sottolineare che il presunto diritto di passaggio non è mai stato esercitato in maniera continuativa o riconoscibile come servitù. Non risulta che il terreno sia mai stato effettivamente attraversato dalla collettività, né vi è traccia di un utilizzo pubblico regolare. Al momento dell’acquisto, ai nuovi proprietari non è stata comunicata alcuna situazione pregressa legata a diritti di transito, e tale mancanza di informazione conferma ulteriormente l’inesistenza, o almeno la non notorietà, di un’eventuale servitù. Cga

Interesse collettivo o esigenza privata? Appare evidente che l’attenzione riservata a questa vicenda non sia stata dettata da reali esigenze collettive, bensì da interessi di carattere personale. L’inserimento del terreno privato nel Piano triennale delle Opere pubbliche da parte dell’Amministrazione uscente, a guida Grizzanti, sembra rispondere più alla necessità di risolvere una questione logistica privata che a una valutazione oggettiva dell’interesse generale.

Pur evitando di attribuire giudizi assoluti, è utile ricordare che nelle relazioni dei carabinieri si dà atto della presenza, nei pressi del terreno oggetto di contesa, di abitazioni riconducibili al sindaco e ad alcuni suoi familiari. Questo dato oggettivo è sufficiente per sollevare legittimi interrogativi sulla reale motivazione dell’attenzione amministrativa concentrata esclusivamente su quell’area.

Tale ipotesi trova ulteriore conferma nel fatto che la nuova Amministrazione ha successivamente rimosso l’intervento dal Piano triennale, non ritenendolo meritevole di proseguimento, né di finanziamento pubblico. Una scelta coerente con l’assenza di un reale interesse collettivo.

E questo diventa ancor più evidente se si considera che vere strade, realmente pubbliche, di proprietà comunale e da decenni chiuse o impraticabili, non hanno mai ricevuto simile attenzione. Strade effettivamente utilizzabili e funzionali, ignorate per anni per mancanza di volontà politica, mentre un terreno privato, sprovvisto di ogni caratteristica infrastrutturale, ha improvvisamente suscitato l’interesse istituzionale solo perché riconduceva alla residenza dell’allora sindaco.

Una questione tutt’altro che chiusa. Contrariamente a quanto suggerito, la controversia è ancora in corso. La stessa sentenza del Cga non chiude la questione, ma la rimanda alla sede civile, sempre che l’attuale Amministrazione comunale decida di proseguire in tale direzione. A oggi, tuttavia, non si rilevano segnali in tal senso, anche in virtù del fatto che l’opera è stata espunta dal Piano triennale, a conferma del disinteresse dell’attuale Amministrazione verso un procedimento che evidentemente non ritiene fondato.

Nessun ente può legittimare l’uso personale di un bene privato attraverso provvedimenti incoerenti, documenti contraddittori e strategie amministrative che si fondano su elementi discutibili, se non addirittura falsati. Questa non è una semplice controversia tra un cittadino e un ente pubblico. È una questione di principio, che riguarda la trasparenza amministrativa, il rispetto della proprietà privata e il valore della verità, specie quando quest’ultima viene sacrificata sull’altare della narrazione politica.

Rosario Maniscalco

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