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Sara Cappello

Un riconoscimento prestigioso e importante per la cantautrice e cantastorie palermitana Sara Cappello. È stata, infatti, iscritta al Reis (acronimo di Registro eredità immateriali della Regione Siciliana). Nella sezione “Cantora di Sicilia”, per la riproposta “del canto tradizionale siciliano attraverso un costante impegno profuso nell’opera di promozione e valorizzazione”.

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La cantautrice Sara Cappello

Si tratta di una certificazione veramente di grande pregio che riconosce un’attività artistica e di ricerca quasi trentennale dedicata al patrimonio tradizionale siciliano, alla musica popolare, alla memoria regionale, al dialetto siciliano, sostenuta da forte passione ed interesse fino ad oggi.

Un meritato riconoscimento per la talentuosa e brillante Sara Cappello. A deciderlo è stata la Commissione Reis costituita presso il CRicd, che si è riunita nei giorni scorsi e che ha iscritto, appunto, nei registri, il Genio di Palermo, Alfio Patti, cantore di Sicilia, l’Altopiano dell’Argimusco iscritto fra i luoghi dell’Identità e della Memoria, le barche storiche di Pantelleria ed altre significative espressioni di bene da valorizzare.

Importanti riconoscimenti che valorizzano la nostra amata Sicilia e che rivelano e confermano l’attenzione con la quale l’Assessorato ai Beni Culturali della  Regione Siciliana e il suo organismo, il Reis, definite dall’Unesco Intangible Cultural Heritage, desidera salvaguardare e proteggere, “l’insieme di quelle pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze e tecniche nella forma di strumenti, oggetti, artefatti e luoghi ad essi associati, che le comunità, riconoscono come parte del loro patrimonio culturale”.

Un patrimonio immateriale caratterizzato da una grande vulnerabilità ma che si intende proteggere e promuovere. Con la creazione di un Catalogo delle espressioni della cultura immateriale, istituito nel 2005 e di cui “il Centro per l’inventario la catalogazione e la documentazione della Regione diretto dalla dottoressa Laura Cappugi ha curato il coordinamento e le azioni di promozione”, spiega a La Voce del Nisseno la delicata Sara Cappello.

Un corpus che comprende le “tradizioni orali ed espressioni, compreso il linguaggio come veicolo del patrimonio culturale immateriale, le arti dello spettacolo, le pratiche sociali e rituali, gli eventi festivi, le conoscenze e pratiche concernenti la natura e l’universo, i saperi legati all’artigianato tradizionale”.

È così suddiviso: il Libro dei Tesori Umani Viventi in cui iscrivere quegli individui, le collettività, i gruppi che si pongono quali detentori unici o particolarmente qualificati di saperi tecnici, rituali-cerimoniali, linguistici o espressivi riferibili a processi storico-culturali di “lunga durata”; il Libro delle Celebrazioni, delle Feste e delle Pratiche Rituali; il Libro dei Mestieri, dei Saperi e delle Tecniche; il Libro dei Dialetti, delle Parlate e dei Gerghi; il Libro delle Pratiche Espressive e dei Repertori Orali.

“Sono molto grata per questo riconoscimento al mio lavoro – afferma Sara Cappello -, ma soprattutto per l’attenzione che la Regione Siciliana sta manifestando nei confronti del nostro patrimonio culturale siciliano che bisognerà conservare e trasmettere di generazione in generazione, assicurando il senso di continuità storica della Sicilia, la memoria collettiva, l’insieme dei saperi, segno importante di identità regionale siciliana. Ringrazio l’Associazione Ultimi Cantastorie presieduta dal dottor Franco Occhipinti, che ha presentato e sostenuto la mia candidatura di iscrizione al Reis”.

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La cantastorie Sara Cappello

“Desidero dedicare questa iscrizione – conclude Sara Cappello – a diversi trasmettitori di saperi: a mia Madre e a mio Padre, raccontatori di fiabe e cunti, a Giuseppe Pitrè, ad Alberto Favara, a Lionardo Vigo, ed ai canti popolari, alle fiabe, ai ‘cunti’, ai mestieri, ai Cantastorie, a Rosa Balistreri, ai Pupi, a Giufà, alle centinaia di meravigliose realtà che popolano la nostra memoria e la tradizione dalla quale ho attinto a piene mani e che mi hanno rivelato le radici profonde in cui  siamo radicati”.

MICHELE BRUCCHERI

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