il dubbio
Maddalena Berlino

Un libro a quattro mani. Scritto da Maddalena Berlino e da Maria Elettra Cugini. S’intitola eloquentemente: “Il dubbio. Nostro Inseparabile Amico”. In questo saggio assai interessante c’è l’appendice di Alessandro Cocchi.

Interrogativi e riflessioni, dunque. Riferimenti letterari. Le due psicologhe e psicoterapeute stimolano tutti noi, partendo dal dubbio. È una ricchezza, una risorsa. “Il dubbio costruttivo è un motore evolutivo”, taglia corto Maddalena Berlino al microfono de La Voce del Nisseno (versione online).

Una lunga e feconda chiacchierata con questa “cittadina del mondo”, come ama definirsi lei. Siciliana di nascita, classe 1962, da alcuni decenni vive a Trieste. A distanza di qualche mese, torno ad intervistarla.

Poco tempo addietro, abbiamo parlato della collana di racconti “Break Point. Il mondo racchiuso, il tempo dell’attesa”. In pratica, una sorta di diario scritto nel tempo, che ha narrato l’approccio alla quarantena in riferimento all’emergenza sanitaria da Covid-19. Ovviamente di stretta attualità.

“Il dubbio. Nostro Inseparabile Amico” è un libro scritto a quattro mani. Ce ne parli?

Si tratta di un saggio in cui abbiamo raccolto le nostre riflessioni, le molte domande, suggestioni ed esperienze, non mancano plurimi riferimenti letterari. Maria Elettra Cugini ed io siamo psicologhe e psicoterapeute, dunque molti spunti provengono dalla nostra esperienza professionale. Il dubbio può apparirci come una presenza scomoda, inquietante e oscura, infatti – anche se è proprio nell’oscurità dell’utero materno che si è sviluppata la vita dell’essere umano –  conosciamo bene il timore del buio fin dall’infanzia.

Continua, Maddalena.

Superiamo l’aspetto ansiogeno del dubbio, percependolo come un faro brillante (di qui l’immagine in copertina), una fonte che illumina il nostro cammino e un amico prezioso che può favorire la nostra crescita, rendendoci capaci di scelte consapevoli e ponderate in ogni campo della nostra vita: dal rapporto con noi stessi a quello con gli altri, dalla coppia alla famiglia, dalla politica alla religione, dall’educazione all’attività lavorativa, dal giudizio etico al rapporto con la natura… Sono questi alcuni argomenti esplorati nel saggio, invitando il lettore ad una sua personale riflessione.

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La copertina del libro

Maria Elettra Cugini e tu, stavate scrivendo qualcosa di simile. Com’è nata poi la collaborazione e l’idea di pubblicare entrambe lo stesso libro?

La nostra collaborazione dura da molti anni e l’idea è nata a Trieste: stavamo conversando mentre passeggiavamo per le vie del centro, quando, esattamente in Piazza Unità d’Italia, ci accorgemmo che entrambe stavamo lavorando sullo stesso soggetto. Decidemmo, dunque, di unire le forze: ed eccoci qua!

Sommariamente, com’è strutturato il volume?

Il libro si compone di due parti e un’appendice: la prima scritta da Maria Elettra Cugini, la seconda da me (e comprende alcune testimonianze), l’appendice da Alessandro Cocchi.

Quanto tempo avete impiegato per realizzare il progetto editoriale?

Dal momento dell’idea di scriverlo a quattro mani, nel maggio 2018 in occasione di un ritorno a Trieste di Maria Elettra (presentavo il suo ultimo libro presso l’Antico Caffè San Marco…), al momento della pubblicazione sono trascorsi poco più di 18 mesi.

Alessandro Cocchi – l’hai appena accennato – ha avuto un ruolo. Qual è?

Alessandro Cocchi è co-titolare del Laboratorio di Collaborazione Internazionale del Corso di Laurea in Economia dell’Università di Firenze, svolge attività di consulenza nell’ambito della cooperazione internazionale allo sviluppo in Africa, Medio Oriente e America Latina. Ha lavorato per la commissione Europea, l’Agenzia Italiana di collaborazione allo sviluppo, la FAO e la Banca Mondiale. Per il nostro saggio, ha scritto l’appendice. “Dubito dell’ovvio: per un rapporto di fedeltà alla terra.”

Qual è lo scopo di questo saggio?

Nasce come proposta-stimolo di cambiamento, di rinnovamento e di crescita. Questa è stata la dimensione condivisa da Maria Elettra e dalla sottoscritta. A oltre un anno dalla pubblicazione, che grossomodo coincide con la situazione causata dalla pandemia che stiamo affrontando, come giustamente ha riportato Maria Elettra in occasione della presentazione del libro alcuni giorni fa, possiamo ritenere che mai come in questo periodo il Dubbio assume un’importanza centrale. Chi di noi non sarebbe felice di vedere scomparire domani gli effetti drammatici della pandemia? Ben pochi tuttavia vorrebbero che tutto ricominciasse tale e quale a prima, a cominciare dall’iper-individualismo che trascura il bene comune, all’esaltazione di quei valori materiali che impediscono di pensare ai valori etici, e così via…

Qual è il filo rosso che lega questo libro tanto intrigante quanto affascinante?

Il fil Rouge è di riconoscere nel Dubbio una visione tutt’altro che denigratoria e negativa, bensì costruttiva e positiva, accogliendolo come prezioso compagno di viaggio della nostra intera vita. Il dubbio, come movimento e scoperta, ci propone il “Nuovo” e il “Lontano”, ci avvicina a mondi altrimenti inesplorati, è amico della speranza, ed è portatore di “luce” e non di “buio”. Esso è un’inseparabile guida di tutta la nostra esistenza.

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Maddalena Berlino

Ho seguito con interesse il tuo intervento nella recente diretta, trasmessa tramite la piattaforma su Zoom. Hai detto che nel dubbio è insita la saggezza. Perché?

Il dubbio, quando è portatore di evoluzione costruttiva, di crescita, di maturità e di superamento di ostacoli per la nostra realizzazione, si presenta come una chiave che spalanca le porte. La potenzialità positiva del dubbio è quella che ci permette di mettere in discussione le nostre “assolute” certezze, quando queste ultime potrebbero chiuderci in posizioni rigide e ottuse, allontanandoci dalla nostra realizzazione personale.

Prosegui…

E’ un terreno fertile che ci permette di non fossilizzarci, così come di superare sterili chiusure o dannosi pregiudizi, questi ultimi spesso causa di terribili oltraggi ai diritti umani. Il dubbio di cui abbiamo voluto trattare è quello che ci permette di evolvere attraverso la conoscenza e lo smantellamento delle barriere mentali. Le barriere mentali sono le più difficili da abbattere, quelle che si possono camuffare esattamente laddove non ha fatto breccia il dubbio, dove non è penetrata, nemmeno lontanamente, l’idea a favore della possibilità che, mettendo in discussione un’ottica culturale, si scorgano nuovi mondi, compresi quelli che appartengono al rispetto, per l’appunto, dei Diritti Umani.

Secondo te, il dubbio è un motore evolutivo o un impedimento alla crescita?

Il dubbio costruttivo è un motore evolutivo. Un bellissimo passo tratto daIl Gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach recita così: “Non dar retta ai tuoi occhi, e non credere a quello che vedi. Gli occhi vedono solo ciò che è limitato. Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che conosci già, allora imparerai come si vola.”

Bello.

Imparare a pensare, andare oltre e imparare a dubitare è quanto fin da piccoli getta semi fecondi. La scuola coltiva l’intelligenza dei ragazzi. L’adulto migliore di domani sarà il bambino che oggi entra in un rapporto vitale col mondo del pensiero, quell’attività della mente che si sviluppa idea dopo idea, concetto dopo concetto, critica, giudizio e raffigurazioni del mondo che si avvicendano in continua trasformazione.

Concordo pienamente.

Socrate con il pensiero critico che si fonda non sulla verità, ma sul dubbio, mette in discussione le false certezze dei sapienti. La saggezza per lui consiste nel sapere di non sapere, ossia nella consapevolezza della propria ignoranza. Nel capitolo “L’inclusione del dubbio: insegnare con amore “l’arte della libertà” riporto: “Se insegni, insegna anche a dubitare di ciò che insegni” (José Ortega y Gasset). Una sana cultura del dubbio, nei vari ambiti scolastici e formativi, può diventare un interessante stimolo metodologico.  

In base alla tua esperienza intellettuale e scientifica, il dubbio quando diventa la nostra candela che illumina il cammino di ciascuno?

Il vorticoso processo evolutivo della società odierna non consente di trascurare nuovi modi di pensare, sia a scuola sia sul lavoro, nella vita privata e nella vita pubblica. Nel mondo della ricerca, poi, appare ancor più evidente e immaginabile come “l’esploratore”, il “ricercatore”, nel vivere la sfida, non possa fare a meno del rischio e del dubbio. Gaston Bachelard (1884-1962) ha pensato al lavoro dello scienziato come un incedere cauto nel buio, tenendo in mano una candela. Questo per dire che vede ben poco di quello che c’è intorno: “Un metodo scientifico è un metodo che cerca il rischio. Sicuro di ciò che ha acquisito, si avventura in un’acquisizione. Il dubbio è davanti al metodo e non dietro, come in Cartesio”.

Interessante.

Nella psicoterapia, inoltre, è una candela che permette di “illuminare il caos, per far nascere la stella” (parafrasando la celebre frase di Nietzsche): chi entra in crisi si rimette in cammino con maggior convinzione ed energia, a patto di contemplare l’inclusione del dubbio. Certo il dubbio, in tal caso, fa soffrire, confonde e disorienta, prima di ricominciare a scorgere la luce in fondo al tunnel.

Sostanzialmente, il dubbio esplora la nostra esistenza in virtù della curiosità. Qual è, a questo punto, il punto debole del dubbio e qual è invece il punto di forza della certezza?

Il dubbio “diventa” un punto debole se “si mette di traverso”, se si cronicizza e non troviamo il modo di superarlo, quando è visto come nemico da combattere. Come scrive Maria Elettra: “Certezze e Verità non sono caratteristiche di questo mondo e quindi conviene, invece di prendercela col dubbio come se fosse lui la causa dei nostri mali, accoglierlo come parte ineliminabile del nostro Dna, parte costitutiva e non rifiutabile della nostra natura di esseri umani”.

“Le ali del dubbio” è una tua breve e intensa poesia. Fa parte del progetto. Oltre a donarci questi splendidi versi, quale messaggio consegni ai nostri lettori?

Il dubbio si fa strada per accompagnarci verso la consapevolezza del dove siamo e dove stiamo andando, ci pone interrogativi allo scopo di illuminare il terreno esistenziale sul quale ci muoviamo, così ricerchiamo e tentiamo di mantenere un sano e auspicato equilibrio, in altri termini lo possiamo considerare fonte di benessere e di realizzazione. Per esprimere il messaggio da consegnare, ricordo le parole di Luciano De Crescenzo in “Così parlò Bellavista”: “C’è un’enorme differenza tra gli “uomini a punto interrogativo” e gli “uomini a punto esclamativo””, intendendo che gli uomini a punto interrogativo sono quelli che vivono per domandarsi le cose, per sollevare dubbi, e cioè per “tirare su”; gli uomini a punto esclamativo sono quelli che vivono per coprire, per ridurre il livello del discorso, per sopprimere il dolore del dubbio, per tirare giù.

Giusto.

Come dico nelle mie conclusioni: “Il nostro inseparabile amico dubbio trova spazio tra noi nel confronto tra menti aperte, poiché sboccia tra le mani dei sognatori e degli artisti, scava solchi nel cemento delle fisse convinzioni, toglie bende dagli occhi e irrora terreni disidratati dall’ovvietà e dal ‘si è sempre fatto e pensato così’”.

MICHELE BRUCCHERI

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